In questa seconda puntata si parlerà del panorama folkloristico della borgata, come la leggenda di Sant’Udalrico e le leggende legate alle miniere d’argento

Lavis. Continuiamo a scavare nel passato della comunità lavisana andando a indagare le storie della tradizione popolare. Il folklore lavisano non è ricchissimo come in altre zone del Trentino ma ci sono comunque molti spunti interessanti. Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente” promosso da Ecomuseo Argentario, con il contributo della Fondazione Caritro. Partner del progetto: Associazione Culturale Lavisana; Comune di Lavis; Comune di Civezzano; Rete delle Riserve Val di Cembra Avisio; APPA.

Lavisiel/Lavisia: una curiosa interpretazione


Le scritte Lavisiel/Lavisia, presenti sulla situla scoperta a Cembra nel 1828, potrebbero far pensare ad un luogo di culto. Le ricerche condotte da Maria Grazia Tibiletti Bruno hanno identificato i nomi degli offerenti e del destinatario dell’offerta presenti sulla situla. Il nome “laviseseli” potrebbe indicare un santuario dedicato a una divinità chiamata così, o potrebbe essere legato a una festa in suo onore. Le diverse forme del nome “lavise” potrebbero esprimere rapporti diversi con questa misteriosa divinità.

Per approfondire questo aspetto vi suggeriamo di leggere questo vecchio articolo:

 Tra storia e leggenda: quando il torrente Avisio era una divinità

Panorama folkloristico: le leggende


Sono poche le leggende che animano il panorama culturale di Lavis. Renato Perini, in Studi Trentini di Scienze Storiche del 1921 scrive che secondo gli abitanti di Lavis:

Gli spiriti si vedono o si sentono più frequentemente all’avemaria, al mezzogiorno e di notte […]. Gli spiriti di coloro che sono morti in modo violento si aggirano di preferenza intorno al luogo dove è stato commesso il delitto e appaiono ai viandanti affinché questi preghino per loro

Oltre a questi brevi riferimenti ci sono anche alcune storie che si sono tramandate nel corso dei secoli e che i nonni erano soliti raccontare ai nipoti. Facendo riferimento ad alcuni fatti storici che hanno avuto un forte legame con la borgata di Lavis e il suo torrente ve ne riportiamo due.

La leggenda di Sant’Udalrico


La leggenda più conosciuta è quella legata alla fondazione della chiesa dedicata a Sant’Udalrico. Si racconta che il vescovo di Augusta, durante il viaggio di ritorno da Roma, sia morto appena superato il ponte sull’Avisio che porta a Lavis, poiché pregò Dio di permettergli di morire in terra tedesca. A quel tempo, infatti, il fiume Avisio segnava il confine tra Germania e Italia, e Lavis era sotto dominazione germanica”.

Questa informazione è riportata anche da Albino Casetti nel suo libro “Storia di Lavis”, che cita un passaggio del domenicano Felice Faber da Ulma, che visitò Lavis nel 1438, e racconta che:

Il torrente divide gli italiani dai tedeschi e proprio lì c’è la Cappella di Sant’Udalrico

Sempre Casetti riporta le note di viaggio di un accompagnatore del cardinale Luigi d’Aragona del 1517-1518:

E, nella Germania, a un miglio tedesco da Trento, si attraversa un ponte su un fiume che sfocia nell’Adige, vicino a una chiesa dedicata a San Oliviero, vescovo di Augusta. Egli, desideroso di tornare in Germania e afflitto da grave malattia, pregò Dio di concedergli di morire appena entrato in Germania, e così avvenne: appena superato quel luogo dove fu costruita la chiesetta in suo nome, spirò

La presenza di un luogo di culto dedicato a Sant’Udalrico a Lavis è documentata solo a partire dal Duecento e, come scrive sempre Casetti, si può parlare del fiume Avisio come confine solo a partire dalla seconda metà del Duecento. “Il confine”, scrive Casetti, “non aveva riscontri con la realtà prima del Mille: in quel periodo, non esistevano né il principato vescovile, né la contea del Tirolo, né altre entità territoriali con un confine sull’Avisio”. Il culto di Sant’Udalrico in quel periodo era legato alla presenza dei minatori provenienti dalla Baviera.

Vista sulla chiesa parrocchiale

Leggi anche – Il Santo portato dai minatori. Ecco perché Lavis è devota a Sant’Udalrico


Leggende dei minatori


Qualcosa di più interessante è legato alla presenza delle antiche miniere. Una di queste leggende si intitola “Le dodici bocce d’oro” (riportata nella rivista Studi Trentini del 1921) e narra di un giovane che vagava di paese in paese alla ricerca di fortuna.

Giunto in una locanda a Lavis, sentì dagli anziani del paese una storia legata a dodici bocce d’oro nascoste nel ventre della montagna sovrastante. Senza esitare, il giovane si avviò verso l’altura alla ricerca di una grotta. Dal profondo della montagna, sentì una dolce e armoniosa musica. Seguendo i suoni e le melodie, giunse all’ingresso di una caverna dove il suono si faceva sempre più forte e nitido. Senza pensarci due volte, il giovane si avventurò nella grotta seguendo le note della musica. Ad un certo punto, si trovò davanti a una porta con l’iscrizione “Attendi, straniero, che suoni la mezzanotte e allora potrai entrare. Danzerai con le streghe fino all’alba e tornerai a casa con dodici bocce d’oro”.

Il giovane si preparò ad attendere e, una volta suonata la mezzanotte, la porta si aprì su uno scenario terrificante: esseri mostruosi ballavano e suonavano. Il giovane, terrorizzato, cadde morto a terra e la sua misteriosa morte rimase inspiegata.

Andrea Casna, iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, albo pubblicisti, è laureato in storia e collabora con l'Associazione Forte Colle delle Benne. È stato vicepresidente dell'Associazione Culturale Lavisana e collabora come operatore didattico con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.

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