Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente” promosso da Ecomuseo Argentario, con il contributo della Fondazione Caritro. Partner del progetto: Associazione Culturale Lavisana, Comune di Lavis, Comune di Civezzano, Rete delle Riserve Val di Cembra-Avisio e APPA
Lavis. La nascita di Lavis è fortemente legata alle rogge alimentate con l’acqua del torrente Aviso. Le prime risalgono infatti al Trecento e hanno rappresentato un motore economico importante. Nel 1320 si ha la Roggia delle ruote con molti mugnai, seguita nel 1321 dalla Roggia del mulino. A partire dal 1323 si ha a Lavis il torchio per la produzione del vino nelle case. A partire dal 1372 vi sono bottai, addetti alle segherie nel 1379 e conciapelli nel 1383.
Nel 1417 si trova una conceria presso la Roggia dei mulini e nel 1440 una fucina con maglio, presumibilmente la Fucina del Maglio nella casa all’angolo nell’attuale Piazza Cesare Battisti. Nel 1551 presso la Roggia dei mulini si trova il mulino dall’Albero, gestito in passato da Michele Peehein detto Baispech, il cui molino poi passa a Francesco Montagna, il cui stemma è ancora presente sul portale dell’Albergo Corna. Questo mulino, prima conosciuto come Baispech, viene successivamente chiamato Molin del Montagna al Carmine: oggi è la Cantina Lavis.
Il percorso delle rogge nella cartografia di metà Ottocento
Da Piazza Loreto l’acqua, imbrigliata nei pressi del Zambel, attraversava, mediante due rogge, l’intero abitato di Lavis, arrivando fino all’Adige. In questo modo l’acqua aveva una doppia utilità: dare forza alle macchine ad acqua (come per esempio i mulini,) e irrigare le campagne.
Come detto sopra le rogge erano due che nel corso del tempo hanno cambiato nome. La Roggia Armana (il nome preso dal mulino Araman) a nord e la roggia Bortolotti (dalla filanda Bortolotti). Le due rogge andavano in direzione ovest in modo quasi parallelo arrivando ad alimentare mulini, fucine e segherie.
Alla chiesa di Sant’Udalrico le rogge si univano e un ponte garantiva il passaggio dall’attuale via 4 Novembre a via Roma: quella che oggi è Piazza Cesare Battisti, in tempi passati, in gran parte era una sorta di ponte. Proprio qui le due rogge si dividevano ulteriormente.
Il percorso della Roggia Armana
Dalla chiesa la roggia passava sotto le case di via Roma per proseguire all’aperto dal portone del Lona, Piazza degli Alpini (piazza della Biblioteca). Nell’attuale Via Filzi, una volta via del Macello, la roggia passava parallela all’edificio delle ex scuole Clementi: in questa zona a garantire il passaggio pedonale erano tre ponticelli.
La roggia proseguiva dietro alle scuole Don Grazioli, e dava forza alle ruote del mulino de Concini. Nella zona dell’attuale via Mulini, al collegamento con via Cavur, la roggia dava forza ad una struttura, stando al catasto austriaco di metà Ottocento, con ben quattro ruote: una fucina e conceria; e al Mulino Concetti. La roggia superava poi la nazionale (l’area del Bar Marta era infatti caratterizzata da campi arativi con alberi e viti ) per dare forza a due mulini: il mulino Sevignani (incrocio via Mulini, via Nazionale) e il mulino Frasanch a sud del Cimitero.
Nel catasto austriaco del 1853 è detta anche roggia dell’Ischiello.
La roggia Bortolotti (ex roggia dei mulini)
La roggia detta Bortolotti, dal nome dei proprietari dell’omonima filanda, si muoveva quasi parallela alla roggia Armana. Attivava le ruote di numerose macchine ad acqua: Mulino Zampedri, la filanda Bortolotti, (ex Mulino dal Sale), la segheria Zampedri, Mulino de Poda (nell’area di piazza Cesare Battisti), la fucina del maglio nell’attuale via Carlo Sette. Proseguiva poi verso la nazionale per alimentare il mulino Bertoldo, nei pressi dell’attuale rotonda di via Nazionale. La roggia forniva la forza motrice al mulino Baispech-Montagna (attuale cantina La Vis) e de Bessolla-conti Melchiori nei pressi di viale Mazzini.
Mulini e macchine idrauliche a metà Ottocento
Mulino Zampedri. Dal 1765 è costruito vicino alla Casa del Colo dei Minerali. Con vari cambi di proprietà rimarrà attivo fino agli anni ‘50. Nel 1913 proprietario è Angelo Rella e poi Ettore Bazzanella.
Mulino Arman. I documenti risalgono al XVIII secolo. Prende il nome dalla famiglia che per quasi un secolo ha gestito l’attività. Nel 1825 il mulini passa alla famiglia Aliprandi (commercianti di Lavis). Nel 1898 viene venduto a Ilario Pezzi che lo trasforma in una fucina: oggi fucina Pezzi.
Segheria Zampedri. Risale al 1584 con un’attività ininterrotta, e con vari cambi di proprietà. Sarà attiva fino al secondo dopoguerra.
Mulino de Poda. I documenti risalgono al XVII secolo ed è attivo fino al 1835.
Fucina del maglio. Menzionato già nel 1440, fino al 1882.
Mulino de Concini. Sicuramente il più antico e con una maggiore documentazione storica. Nel 1487 l’arciduca Sigismondo d’Austria concede a Bartolomeo Concini da Tuenno il diritto di usufruire della roggia a Lavis per un mulino: mulino e palazzo (utilizzato a metà del XVI secolo per la definizione dei confini con Trento) sono quindi vicini sulla roggia. Rimane di proprietà della famiglia che lo cede in locazione a mugnai di Lavis, come i Rella nel 1722. Dopo il 1918 il mulino passa alla famiglia Dorigatti che lo gestirà fino al secondo dopoguerra.
Mulino Concetti-Fellin. Al 1641 viene dato in locazione a Francesco Concetto di Lavis. Nel 1665 il mulino viene venduto alla famiglia Fellin che ottiene il diritto di vicinanza. Nel 1764 i proprietari sono i Turrin che venderanno, a metà dell’Ottocento, alla famiglia Dalpiaz: il mulino sarà attivo fino al secondo dopoguerra.
Mulino Sevignani. Ricordato alla fine del XVI secolo. Per quasi tutto il XVII secolo è gestito dalla famiglia Silvestri da Sevignano: per questo mulino Sevignani. Anche questo mulino assiste a molti cambi di proprietà: sarà attivo fino al secondo dopoguerra.
Mulino Frasanch. Compare nei documenti del XVII secolo per cambi di proprietà. Nella prima metà dell’Ottocento diventerà una segheria: prima Feltrinelli e poi Bebber.
Mulino Bertoldo-Maffei. Risale sicuramente al XVII secolo, fu attivo, con vari cambi di proprietà, per tutto il XVIII e XIX secolo. Nel 1852 viene comprato da Luigi Tambosi, proprietario della vicina filanda.
Mulino Montagna. I primi documenti risalgono al 1503; nel 1600 è di proprietà della famiglia Montagna, poi della famiglia Schulthaus, Frasanch (1749), poi Arman (1755). Ai primi dell’XIX è ancora attivo ma risulta inoperoso nel 1823. Nel 1837 viene trasformato in ospizio per i poveri, poi segheria e nel 1853 fabbrica di biacca: nel 1901 è cantina Cembra poi Cantina La Vis.
Mulino Bessola-conti Melchiori. In località alle Seghe, nella zona oggi di via del Carmine, i documenti risalgono al principio del XVIII secolo. L’attività molitoria rimane costante per tutto il Settecento: nel 1835 diventa una fucina.
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