La Canta dei Mesi di Cembra (parte seconda)

Continuiamo con il racconto de La Canta dei Mesi, autentico patrimonio culturale della comunità di Cembra

(Continua…) –

SECONDA  PUNTATA

Cembra. Riprendiamo il nostro racconto sulla storia delle Canta dei Mesi di Cembra. Nella prima parte parte eravamo arrivati alle versioni di inizio ‘900 con le modifiche sostanziali ai testi portate dal poeta Michele Gottardi. Abbiamo detto anche che dopo la seconda guerra mondiale vennero fatte altre modifiche al testo fino ad arrivare al secondo dopoguerra quando con un lavoro certosino tutta La Canta venne rivista e sistemata: testi, personaggi, regole e costumi.

La Canta dei Mesi oggi


La versione de La Canta che conosciamo oggi si deve alle modalità di esecuzione del 1955, anno della ripresa dell’attività’ della Proloco, coordinate sempre dalla buona volontà e passione di Zanettin, con la collaborazione del presidente barone Giuseppe a Prato e dell’organista del coro Celestino Bonfanti.

I collaboratori di Zanettin avevano già dato saggio della loro maestria nel proporre la Canta durante il periodo del Carnevale, con l’introduzione di un’orchestrina di strumenti a plettro (forse perché lo strumento a plettro era meno costoso degli ottoni? Chissà….Tanti particolari non sono documentati). Quello che in quegli anni è documentato invece è la sovvenzione dell’assessorato regionale alla Pubblica Istruzione e Turismo per un rinnovo dei costumi, che, fino a quel tempo, erano per lo più recuperati in casa al limite prestati dalla filodrammatica locale.

I costumi cercavano di rispettare le usanze del 1800. Il bianco era utilizzato per i mesi caldi e riprendeva un po’ certi abiti della festa. Il colore scuro invece era legato il poco sole dei mesi invernali che portava ad una certa malinconia.

 

La composizione della compagnia


Ma vediamo quali sono i personaggio che compongono la Canta dei Mesi e come sono vestiti:

Un re, capo della compagnia;
un servo;
12 elementi che rappresentano i mesi dell’anno;
4 rappresentanti le stagioni;
4 guardie;
2 paggi in rigoroso costume spagnolo del 1600;
4 guardie le quali servono per mantenere il buon ordine e per tener lontano il popolo dalla compagnia nei momenti dell’esecuzione;
un Arlecchino Capo con 3 o 4 al suo seguito ;
una rustica orchestrina campagnola;

IL RE, veste un costume del 1600.  In testa la corona, in mano lo scettro, guanti bianchi, occhiali neri, gran manto rosso che copre le spalle;
IL SERVO veste calzettoni bianchi, scarpe nere basse, calzoni corti neri, rendigotto nero, tuba, camicia con cravatta, colletto, polsini e guanti bianchi, faccia tutta nera. Al posto dei calzettoni bianchi può indossare stivaloni rigidi;
INVERNO indossa un grande cappello possibilmente alla messicana, gran tabarro impellicciato, grossi guanti di lana (manopole) di colore scuro, lunga barba grigia o bianca, occhiali neri;
GENNAIO indossa un cuffia o berretto di lana scuro, barba lunga grigia, gran tabarro impellicciato, grossi guanti di lana (manopole ) di colore oscuro, una collana di castagne al collo, borraccia dal vino, occhiali neri;
FEBBRAIO ha un cappello duro (tuba), adorno d’edera, redingotte nera, calzoni grigi, guanti marrone, camicia bianca;
MARZO ha un cappello a ciencio grigio ornato di viole. Veste possibilmente di blu. Guanti marrone. Porta un soffietto dal zolfo vecchio sistema in cima alla canna del quale dev’esser collocato un mazzolino di viole;
PRIMAVERA indossa un cappello di paglia ornato d’edera e altra verdura. Giacca nera, pantaloni grigi. A tracolla porta una ghirlanda d’edera e sulla spalla uno scialle chiaro di tipo veneziano, guanti marrone;
APRILE ha un cappello di paglia ornato di fiori, calzoni bianchi, panciotto bianco, giacca bleu con garofano all’occhiello, guanti chiari;
MAGGIO con un Cappello di feltro o panama bianco ornato di fiori multicolori, calzoni bianchi, camicia bianca, giubbetto bianco con polsini a pizzo, garofani all’occhiello, cintura bleu chiaro ai fianchi con frangia cadente al fianco sinistro ; gran fascio di fiori multicolori ma in prevalenza bianchi che porta in braccio, guanti bianchi;
GIUGNO indossa un cappello di paglia ornato di bozzoli (galete); veste tutto di bianco, senza giacca, porta al fianco una polpetta e nella mano destra tiene un cappone al cui becco è attaccato un piccolo campanello ; guanti bianchi;
ESTATE ha un cappello di feltro o panama bianco ornato di fiori multicolori; veste camicia, calzoni e giubbetto bianchi, reca a tracolla un ventaglio, in mano un ombrellino da sole, guanti bianchi;
LUGLIO ha un cappello di paglia bianco ornato di spighe; camicia e calzoni bianchi, senza giacca, falcetto in mano (sesla), un mazzetto di spighe, guanti bianchi;
AGOSTO con un cappello di paglia bianco ornato con nastri. Veste tutto di bianco, non porta giacca. Regge la falce coperta anche nel manico di nastri multicolori, alla cintola tiene il portacote (cozzar) con entro un’aringa che serve per affilare la falce; al fianco porta un pezzo di legno da cucina; guanti bianchi;
SETTEMBRE porta in testa una specie di papalina ricamata. Veste decentemente; senza giacca, porta grembiule bianco con pettorina, sul ventre regge un piccolo fusto dal vino; al collo tiene una gomma pure dal vino, al fianco tiene un piccolo recipiente dal vino che usano i contadini quando si recano in campagna (la ciuca) oppure un boccaletto di vecchio tipo;
AUTUNNO con un cappello a ciencio di colore scuro; uno scialle (tipo veneziano) di colore scuro con fiori a tracolla; veste decentemente e porta un cestino contenente fiori e frutta di varia qualità;
OTTOBRE ha un cappello a ciencio a larghe tese, veste decentemente; regge un pigiatore (mostador) ornato di nastri multicolori sul quale sono affissi dei grappoli d’uva di qualità diverse;
NOVEMBRE è in perfetto assetto da cacciatore. Fucile a doppia canna; porta una lepre (sostituita da un coniglio) infilata nell’apertura al di dietro della giubba, cappello ornato di uccelli; corno per la polvere, corno per richiamo, vasetto per i pallini; filo di ottone per lacci, cintura con cartucce;
DICEMBRE è senza giacca con le maniche della camicia rivoltate fino al gomito; grande mannaia in spalla, alla cintola porta l’astuccio con gli arnesi del macellaio, grembiule bianco con pettorina, berretto di pelo nero, calza stivaloni;
GUARDIE vestono un costume spagnolo del 1600, portano alabarda, in capo un berretto analogo al vestiario oppure elmo;
ARLECCHINO CAPO cin un vestito proprio degli arlecchini ma decoroso, tiene in mano un affare di legno formato da tre o quattro stecche fisse da una parte e oscillanti dall’altra che batte sulla mano sinistra a passo cadenzato quando viene chiamato dal Re;
ARLECCHINI BATTISTRADA hanno il solito vestiario di tutti gli arlecchini. Reggono una vescica rigonfia (la bufa) attaccata con uno spago ad un bastone con la quale scorrazzano a destra e a manca allontanano il pubblico dalla compagnia e la precedono per recarsi a preparare la piazza per la rappresentazione;

Le regole de La Canta dei Mesi


Tutta la rappresentazione ha poi delle regole precise che devono essere rispettate, segno che questa rappresentazione non doveva essere una semplice espressione goliardica ma qualcosa di più serio e profondo.

Zanettin raccomanda, nel testo riferito alla regia, che chi coordinerà la rappresentazione:

dovrà avere massima oculatezza nello scegliere gli attori, infondere loro lo spirito della compostezza nel recitare, senza esagerazioni, portare la massima naturalezza e semplicità.
Dovrà prestare altresì attenzione che l’ abbigliamento sia ordinato e corrispondente, che l’ attore/esecutore interpreti la sua parte con la dovuta mimica, il modo di porgere i doni, la dizione.
Gli Arlecchini invece potranno avere qualche libertà necessaria alla maschera che interpretano, col giusto brio, vivacità, buon umore, tali da essere apprezzati dalla gente che assiste.

Presentazioni e tempi di esecuzione


Ogni movimento e ogni intervento devono seguire un ordine molto rigoroso. L’arrivo sul luogo prescelto per l’adunata è preceduto dallo scorrazzamento degli Arlecchini, che saranno poi seguiti dall’intera compagni in quest’ordine:
1) l’orchestrina campagnola che, durante gli spostamenti da una piazza all’altra, suona allegre marce;
2) due guardie;
3) il “Re”, il servo e l’Arlecchino capo;
4) tutti gli altri componenti in ordine progressivo a partire dall’inverno, gennaio, ecc;
5) due guardie, che chiudono il corteo;

Arrivati sul luogo dell’esecuzione la compagnia forma immediatamente un cerchio al centro del quale sta il Re col servo e l’Arlecchino capo. Il “Re”, dopo essersi accertato che gli esecutori siano tutti al loro posto, con fare dignitoso e autorevole presenta la Compagnia in questo modo:

Davanti a questi rispettabile pubblico ho l’onore di presentare i dodici mesi dell’anno assieme alle quattro stagioni, la cui prima sarà l’inverno.

Trascriverò ora la cantata come viene rappresentata ai giorni nostri, con l’orchestrina che ad ogni recita del mese accompagna la stessa cantata:

INVERNO: su coraggio ricco e bello, che l’inverno è cominciato, io gli faccio di cappello perché sono fortunato, e lo posso riverir ancor prima di morir;
GENNAIO: Il gennaio è nuvoloso e famoso a nevicar, ma del vino generoso noi possiamo ben trincar. Qui da noi ci son cucagne non dobbiamo mai temer, mangerem delle castagne tra le morse e tra i bicchier;
FEBBRAIO:Il febbraio è qua vicino che la neve scioglierà, cambieremo il reo destino perché i dì si allungheran;
PRIMAVERA:Sorgerà la primavera la stagion ridente e bella germogliar farà la terra anche i prati di bel fior. Gioieremo di speranza dal profondo del nostro cuor;
MARZO: Marzo: arriva il venticello che la viola fa fiorir, primavera fa l’uccello ciaschedun saprà gioir;
APRILE:Sorge april cosi ridente così così caro giunge april; egli desta in ogni mente l’auree età più giovanil;
MAGGIO:Maggio vien di fiori adorno vi son rose e gelsomin, d’ogni parte veggo attorno mille fiori nel giardin. Io ne colsi nel giardino più d’ un vago e caro fior e ne do senza un quattrino all’amante mio tesor;
ESTATE:Noi vedremo nell’estate pieni i campi di frumento son le genti fortunate e ripiene di contento. Molte frutta ed anche fien scarsa pioggia e bel seren;
GIUGNO:Giugno vien da le galete goderemo il gran valor, mangerem de le polpete dei capponi ed altro ancor;
LUGLIO : Luglio vien con bionde spiche che dobbiamo ben tagliar, se sudiam dalle fatiche non dobbiamo paventar;
AGOSTO:Ora giunge il caro agosto che il bel fien si segherà e la legna ad ogni costo ciaschedun preparerà;
AUTUNNO:Autunno ritorno da tutti bramato gustando le uve e il vino spiumato; Ma quando le foglie si fanno a cader finito l’anno e il dolce goder;
SETTEMBRE: Il settembre che vien tosto beveremo anche del vin, in cantina avrà il suo posto e l’ottobre è qui vicin;
OTTOBRE: Ecco ottobre. La vendemmia, ferve ai colli, ferve al pian; puossi ber senza bestemmia anche in seno del villan.
NOVEMBRE: Il novembre il cacciatore come pur l’uccellatore, sempre a caccia fece onore ne raccolse il primo fior;
DICEMBRE:In dicembre un bel maiale uccidete come va, la sua carne non fa male tanto qui che alla città;

Ultimata la recita il cerchio si apre fra il mese di dicembre e l’inverno per dar luogo alla scenetta dell’arlecchino capo, il quale, chiamato dal Re, si presenta con salti cadenti battendo sul palmo della mano sinistra un arnese composto di tre o quattro stecche di legno fisse da una parte e oscillanti dall’altra facendo un profondo inchino presentando le parti posteriori, quindi, rivoltandosi comincia la sua parlata fino ad esaurimento.

Riporto ora la parlata dell’Arlecchino che per ben quattro volte viene chiamato dal Re:
RE:Arlecchino!;
ARLECCHINO: Ecco pronto l’arlecchino, che presta obbedienza a questa cara compagnia, Arlecchin deve andar via.(e se ne va saltellando battendo il suo arnese di legno);
RE: Arlecchino!;
ARLECCHINO: Ecco pronto l’Arlecchino. Oggi è un giorno nuvoletto, ma è un giorno di passaggio, mi son fatto di coraggio e ho impiantato il roccoletto (e se ne va come sopra);
RE: Arlecchino!;
ARLECCHINO: Ecco pronto l’arlecchino. Qui davanti al nostro capo ho da raccontarvi un fatto, che è successo a me! Andai giù per la piazza, Andai di tutta corsa. Povero Arlecchino! Ho perso anche la borsa! Arlecchino caro! Ho perso anche il denaro!
Povero Arlecchino! Ho perso anche il taccuino! (e se ne va come prima);
RE:Arlecchino!!!
ARLECCHINO: Ecco pronto l’ Arlecchino. Lo sventurato cervo.. Allor che muore, verso chi lo ferì piega la testa e par che dica al crudo cacciatore: Ahi! Di mia vita ormai poco mi resta! (e se ne va);
RE: Arlecchino….! Andate a destra ed a sinistra a preparare la piazza per questa lieta compagnia;
ARLECCHINO:Venite o compagnia, venite pure avanti, se volete far due canti la piazza è preparata (e se ne va);

Terminata la rappresentazione la compagnia s’inquadra, per proseguire il suo giro in altri luoghi.

La Canta, una patrimonio della comunità cembrana


La Canta, rappresentazione caratteristica di Cembra, verrà rappresentata negli anni in paese, in valle, a Trento, ma per le gente cembrana resta una preziosa identità, tale da rappresentarla soprattutto in paese, forse perché non può essere compresa appieno dalle persone che non ne conoscono le origini e la tradizione locale.

Gli attori e i musicisti, nel momento dell’abbandono del proprio ruolo ne La Canta, per tradizione, ove possibile, lasciano il testimone ad uno della famiglia.
Negli anni 2000 la Canta ha ripreso slancio  con una nuova direzione, mantenendo fede a tutta l’eredita di Zanettin e Savoi.
Si rinnovano ulteriormente alcuni costumi, entra un maestro di cerimonia come lo fu Zanettin, in costume caratteristico cembrano, ripreso da un dipinto di Von Lutterotti, conservato al Ferdinandeum di Innsbruck, gli attori e gli orchestrali arrivano dalla valle e non solo, non più esclusivamente del paese. Sono presenti le donne.

E il prossimo anno, 2024, saranno 150 anni dalla trascrizione del primo documento scritto ritrovato.

 

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