Mentre il torrente era ridotto a un rigagnolo e si progettava di sfruttarne ulteriormente l’acqua, i lavisani decisero di far sentire la loro voce
LAVIS. Sul torrente Avisio, che lambisce da tempi immemorabili la borgata lavisana tracciandone anche i confini, se ne sono dette e scritte di tutti i colori, in tutte le salse, praticamente di cotte e anche di crude. Non ci credevamo, ma dopo tutto questo interesse spassionato, rimasto immutato ormai da secoli verso l’amico torrente, ci dobbiamo ancora una volta rifugiare nelle risorse storiche, quelle però autentiche e vere, suffragate anche dai ritrovamenti di qualche decennio fa e da una mostra.
Avisio, odi et amo
La mostra era un’interessante esposizione documentaristica e fotografica, organizzata già nei primissimi anni ’80 con il patrocinio del Comune di Lavis, proprio dagli operatori e tecnici ambientali della Provincia nella sala sopra la piscina comunale di via Roggia. Il titolo era un documento storico di per sé comprovato che diceva “LA WEISH – LA VES – LA VIS , il torrente Avisio, tutta una storia, una risorsa, un ambiente”!
Grazie a questo interessante appuntamento erano state allora ricordate le svariate problematiche legate, nel corso di questi ultimi secoli – al rapporto odio / amore – esistente tra i lavisani (ma non solo in quelli) e il corso d’acqua di casa. Lavis, evidenziavano i vari documenti esposti in bella mostra, era ed è sempre stato da secoli e non solo logisticamente, il vero centro di estrema importanza strategica e vitale nel rapporto con il corso d’acqua. Centro al quale lo stesso Avisio aveva lasciato il suo ricordo indelebile ed incancellabile nella storia, affibbiando addirittura il suo nome all’intera borgata abbarbicata lungo le sue sponde.
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Rischio brentane
“Odio / Amore”, dicevamo, tra gli abitanti di Lavis e il torrente, che sin dai tempi antichi aveva contribuito alle risorse, anche vitali e lavorative, dell’intera popolazione che gli gravitava intorno volente o nolente. Ma anche pericolo e paura non erano certo da meno, mai stati assenti nel corso dei vari secoli, anche perché il caratteraccio del torrente di casa non era certo mai stato tra i più gentili.
A questo punto, basti ricordare con la storia le grandi inondazioni, le più che catastrofiche brentane, le paurose alluvioni, che coinvolgendo direttamente l’Avisio in prima persona, tutto avevano poi sconvolto e distrutto puntualmente. Ma i lavisani però, gente forte, cocciuta,battagliera, lavoratrice incallita, avevano poi sempre ricominciato da capo e, come sempre rimboccandosi le maniche, avevano fatto nuovamente la pace con l’amico / nemico torrente di casa.
Notizie dal passato
Nella canonica di Pressano, a tal proposito, erano custodite negli anni passati diverse pergamene (ne
riempivano ben due sacchi) , che parlavano dell’acqua di Lavis – diritti e doveri – naturalmente di tutte le rogge e principalmente dell’Avisio con tutti i suoi atti, le traversie storiche, le documentazioni
su tutto quanto le girava intorno. Le notizie più antiche sulle rogge lavisane risalivano addirittura al
3 aprile del 1320 e al 24 maggio 1332. In esse si faceva riferimento a uno stabile giacente tra il torrente Avisio e la roggia da lui derivata e tutti i mulini esistenti lungo le rive delle stesse rogge.
Ed è appunto da tempo immemorabile che la popolazione dell’intera zona lambita dal torrente, ha sempre fatto uso a suo piacimento di quell’acqua, derivandola fino all’epoca della costruzione della Serra di San Giorgio, tramite le apposite “chiaviche” situate nelle vicinanze della casa comunale detta del “Bersaglio” in piazza Loreto, quella che oggi è proprio confinante con il cancello d’entrata verso la zona del “Zambel”.
Tra il 1855 e il 1882 la spesa che era stata sostenuta per questa derivazione, era pari a 20 fiorini annui, tutti a carico del Municipio e quindi anche della popolazione. Già dal 1803 si ha quindi memoria dell’esistenza di un primo “Consorzio Avisiano”, il quale trattò anche con il Genio Civile Militare di Trento, in merito alla prospettata e caldeggiata derivazione dello stesso Avisio però verso Trento.
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La serra di San Giorgio
Arrivò di seguito anche la legge provinciale datata 23 aprile 1879 che creò al suo seguito anche un vero e proprio ente giuridico con la denominazione “Il regolamento dell’Adige”, il quale ebbe un proprio programma di lavori, completato ed arricchito ulteriormente con la legge dell’11 settembre 1886 e riguardante tutto il programma dell’Avisio.
Con buona parte di questo programma si avviò anche la costruzione della colossale Serra di San Giorgio che venne ultimata, dopo enormi traversie, intralci, peripezie e grandi spese extra, solamente nel 1892, compreso anche il completamento della famosa briglia sotto il Maso Franch.
La Serra di San Giorgio poi, cominciata senza la “procedura edittale”, dimostrò già in corso di costruzione quanto erano giustificate le proteste sollevate a suo tempo dal Comune di Lavis (era il 6 febbraio 1880) e dirette proprio al Consiglio Aulico di Trento. In risposta poi alla protesta comunale, si fece viva nientemeno che la Luogotenenza di Innsbruck con un dispaccio datato 24 aprile 1880 e nel quale riconosceva la giusta pretesa del Comune stesso.
Quest’ultimo, richiedeva solamente, in parole povere, che gli fosse assicurata la disponibilità di acqua, che sarebbe venuta sicuramente a mancare a causa dell’inevitabile abbassamento generale del livello del torrente. E questo prontamente si avverrò con il proseguo dell’innalzamento della Serra, proprio durante l’autunno del 1882.
Sollevazioni popolari
Il livello dell’Avisio si era talmente abbassato in quel periodo, che le vecchie chiaviche vicine alla Casa del Bersaglio non ce la facevano più ad introdurre l’acqua nelle rogge lavisane. Era stato da allora e in seguito a queste vistose imperfezioni progettuali che per iniziativa diretta e spese del Regolamento dell’Adige, venne iniziata la costruzione del canale apposito di derivazione, esistente ancora oggi, con la presa d’acqua posizionata alla briglia sotto il Maso Franch.
Altre controversie erano sorte anche intorno ai primi anni ’20. Si erano avute delle vere e proprie sollevazioni di popolo, per la difesa a spada tratta dell’Avisio e della sua quantità d’acqua, che era in pericolo per il rischio dello sfruttamento dell’intero torrente.
I lavisani di quei tempi, ricordavano ancora l’apposito documento che era stato stilato durante la grande adunata in piazza del Tram (ora piazza Anita Garibaldi o del Mercato), del 14 maggio 1922. Si protestava anche allora per l’acqua dell’Avisio e volavano anche parole grosse da tutte le parti, specialmente contro coloro che “per assecondare loschi ed inconfessati interessi particolaristici di chi non partecipava alla vita vissuta di queste valli, tentavano invece con tutti i mezzi illegali e con incredibile disprezzo per la volontà di tutto un popolo, di sconvolgere il regime idrografico di queste zone, rubando l’acqua a chi senza di essa non poteva vivere, per poi regalarla a chi non la vuole e che da essa non avrà altro che miserie, malattie e morte”!
Dove Dio lo ha messo
Tutto questo era accaduto contro la domanda di derivazione, inoltrata al Comune di Lavis, dalla Società di Elettricità, dalla Società Industrie Elettriche Trentine, ma anche dalle due province di Verona e di Mantova, anch’esse impegnate nel potenziare e aumentare le loro centrali.
Alle varie “beghe” e comizi paesani sempre sull’Avisio e sue eventuali derivazioni, era stata anche pericolosamente lanciata e paventata l’idea di variarne il suo percorso, una cosa improponibile e inaudita per tutti i censiti e non solo per i rivieraschi.
All’interno del paese, sempre in piazza del Tram, ma anche vicino alla chiesa di Sant’Udalrico e in piazza San Gallo / Grazioli, erano stati esposti per parecchi mesi degli enormi striscioni, tutti contro quella proposta dichiarata inaccettabile dall’intera popolazione unita più che mai.
Si imprecava contro chi voleva rubare l’acqua e magari anche deviandone poi il corso dell’Avisio. La frase più ricordata e menzionata tra i ricordi di allora era quella sullo striscione vicino alla chiesa che diceva: “Resti l’Avisio dove Dio lo ha messo…”!
L’acqua di casa
Non si andava certo per il sottile, allora, pur di proteggere l’acqua del torrente di casa. Fatto sta che le manifestazioni ottennero dei risultati positivi in tutti i sensi. L’aveva testimoniato ai posteri la mostra degli anni ’80, che però non ha mai avuto un seguito aggiornato e documentato a dovere.
Anche i due sacchi contenenti le pergamene dell’archivio storico nella Canonica di Pressano, poi traslocati chiusi e ben piombati nei magazzini storici della Provincia – come ci aveva testimoniato l’allora parroco don Renzo Ferrai – non hanno più sortito nessuna novità e nessun effetto retroattivo.
Solo nel Municipio di Lavis, in occasione dei lavori di restauro degli anni ’80, durante tutti i traslochi dell’archivio storico, erano stati ritrovati alcuni manifesti originali e anche alcuni volantini, risalenti appunto alle “insurrezioni” di piazza pro Avisio di quelli anni gloriosi. Sull’Avisio e il Zambel oltre al silenzio storico è tornato anche il silenzio politico, ogni tanto si parla solamente del solito e pluri-accennato “Parco Fluviale” (che tornerà anche in Consiglio comunale). Qualcuno aggiunge in sordina: “aspetta e spera”… che sia così ???
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