Nelle antiche leggende della tradizione popolare spesso si fa riferimento a sfortunati sovrani che dopo la morte non sono riusciti a trovare la pace e ancora oggi vagano solitari lamentandosi della loro sorte. Una di queste storie ci porta in riva al famoso lago della Valsugana
Caldonazzo. Secondo le leggende che si narrano questo paese sarebbe infestato dai fantasmi. Quindi io evitate di passeggiare per il paese nelle notti senza luna perché è alto il rischio di imbattersi in spaventosi spettri.
Nelle notti buie e tenebrose, non illuminate dalla luna, è facile intravedere nei pressi della Magnifica Corte di Caldonazzo delle ombre che si muovo ondeggiando, come mosse da un lieve venticello e in mano tengono delle torce. Sono figure innocue ma irrequiete perché cercano le chiavi del Paradiso: unico modo per arrivare ad avere la pace eterna. Sono i fantasmi dei cavalieri di Siccone II, antico signore di Caldonazzo, che morirono in battaglia contro i Vicentini.
Lo scrittore Aldo Gorfer, nella sua opera “I Castelli del Trentino, Vol. 2” scrive che:
La leggenda di Siccone II
Ma le storie di fantasmi legate alla figura di Siccone non sono ancora finite. Siccone, infatti, passò alla storia per essere stato un uomo violento. Lo storico Agostino Perni, nella sua opera monuentale dal titolo “Statistiche del Trentino”, del 1852, scrive così:
Nella cultura popolare Siccone è sempre stato ricordato come uomo violento e senza scrupoli. Anche dopo la sua morte la gente di Caldonazzo non faceva comunque sonni tranquilli perché il fantasma del vecchio padrone, infatti, si aggirava nelle sale del castello in cerca di quella pace che non trovò mai in vita.
La tradizione popolare racconta che Siccone, vecchio e malato, decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel suo castello di Caldonazzo in compagnia di pochi servi. Usciva di rado e quando lo faceva la gente di Caldonazzo si trovava di fronte, non l’energico guerriero di un tempo, ma un vecchio malato e ricurvo. «Finalmente – si diceva sottovoce nelle osterie – ora possiamo vivere tranquilli. Non dobbiamo più subire le angherie del nostro signore». E altri ancora, nel vederlo così ricurvo e vecchio: «ben gli sta – mormoravano – È la punizione che si merita». I servi, inoltre, a volte si lasciavano sfuggire qualche aneddoto. «Sapete – disse un giorno un servo ad un gruppo di contadini – il nostro signore non dorme mai. Passa le notti insonne. Vaga per le stanze del castello in cerca di….».
Un giorno, con l’aggravarsi delle condizioni di salute, i servi inviarono un messo al vicino convento per avvisare fra’ Nicolò (uno dei figli di Siccone). Ma quando il giovane giunse al castello era troppo tardi. Siccone morì senza confessare i suoi peccati. Per molti anni dopo la morte di Siccone, durante le notti buie e non illuminate dalla luna, la gente rimaneva chiusa in casa per non imbattersi nel fantasma di Siccone ora condannato a vagare senza pace per l’eternità.
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