LAVIS. All’inizio era solo un rumore sordo in lontananza, quasi impercettibile, poi diventava un rombo sempre più potente e sempre più inquietante e quella che ormai era una certezza trovava presto conferma nel forte suono della sirena che invitava le persone a scappare e a rifugiarsi.
A Lavis si trovava rifugio soprattutto su al Pristòl nel rifugio antiaereo ricavato dalla roccia nella collina. E poi eccoli, enomi uccelli meccanici pronti a scaricare il loro carico di morte che liberavano 1, 10, 100 bombe, cercando di colpire soprattutto il “Pont dei Vodi” che era un obiettivo logisticamente importante.
Questa era Lavis
Posso solo immaginare cosa possa essere stato correre a perdifiato verso il rifugio, cercare con sgomento i visi di famigliari e amici per capire se erano lì anche loro. E mentre si abbracciavano i propri cari, sentire il rombo dei motori degli aerei sopra le proprie teste, il sibilo e poi i boati dello scoppio delle bombe che facevano tremare la roccia. E poi, ogni volta, a pericolo scampato, uscire sperando che la propria casa, il proprio campo, la chiesa, il paese fossero ancora lì…
Questo era Lavis, il Trentino, l’Italia durante la seconda guerra mondiale. Questa era la guerra e questa è tuttora la guerra in molti, troppi paesi.
Dal 1943 al 1945 Lavis subì qualcosa come 250 bombardamenti con una cifra impressionante di bombe sganciate. Un articolo di giornale del 2002 di Giovanni Rossi parla di ben 3000 bombe la maggior parte delle quali destinata al Ponte dei Vodi finì nelle campagne lavisane causando notevoli danni alle colture tanto che, a guerra finita ci vollero anni per ripristinare la situazione.
Tra queste centinaia di attacchi ci si ricorda particolarmente di quello del 19 aprile 1945 con oltre 300 aerei che imperversavano sopra Lavis per varie ore con oltre 800 bombe sganciate.
L’evacuazione del 2002
Molte furono le bombe inesplose che continuarono a generare preoccupazione e paura per molti anni nelle campagne e nei terreni di Lavis.
C’erano anche dei temerari che, trovandole, si improvvisavano artificieri e non pochi furono gli incidenti. Una di queste bombe i lavisani se la ricordano bene.
Una bomba di circa 250 kg, di quelle che venivano sganciate a grappoli di 4, ancora attiva e funzionante, rinvenuta a 60 anni di distanza nell’ottobre 2002 durante i lavori di ampliamento della Cantina Sociale di Lavis.
Il disinnesco della bomba avvenne il 24 novembre causando l’evacuazione di circa 2000 abitanti della nostra borgata. Lavis visse in modo strano quell’avvenimento, in parte con apprensione ma anche con curiosità.
Quel giorno oltre allo sgombero di 2000 persone dalle loro case, venne interrotta la linea della Trento Malé, la statale del Brennero e trasferiti una parte degli ospiti della Casa di Riposo.
Molti ricordano ancora l’interminabile fila di auto nel pomeriggio a causa delle operazione di disinnesco protrattesi fino al tardo pomeriggio. Per la nostra borgata quel giorno fu quasi un «momento insolito di aggregazione» come ebbe a dire l’allora sindaco Graziano Tomasin.
Al rifugio antiaereo
E della bomba che ne è stato? Quello strumento di morte arrivato intatto fino ai giorni nostri è stato recentemente posizionato nel Rifugio Antiaereo per l’occasione divenuto “luogo della memoria” per volere dell’amministrazione comunale. La data per la commemorazione scelta è quella in cui ricorrevano i 100 anni dalla fine della prima guerra mondiale.
Ho provato forti sentimenti nell’entrare nel rifugio antiaereo di Lavis, cercavo di immaginare lo sgomento che provavano i presenti 75 anni fa nel ripararsi dalle incursioni aeree, poi la vista della bomba con dei fiori posizionati dentro… emozioni forti che è giusto provare.
Nel rifugio ci sono entrato per la prima volta nel dicembre 2002 quando con “Impronte – laboratorio di Partecipazione” e altre realtà chiedemmo di usare il rifugio antiaereo (allora in abbandono da anni) per una iniziativa dal titolo “Per la Pace nei luoghi della guerra” volta a far ricordare ai più anziani e scoprire ai giovani che anche a Lavis si era sofferto per i conflitti armati.
Spero che l’istituzione di questo luogo della memoria serva da forte stimolo ai nostri concittadini per capire l’orrore e l’assurdità della guerra. Spero che quella bomba che potenzialmente poteva ancora infliggere morte a 60 anni di distanza aiuti a capire l’assurdità della scelta di usare le bombe per cercare di risolvere le controversie tra popoli.
Le guerre non finiscono mai
Davanti a quella bomba ho realmente capito le parole di un caro amico giornalista che si occupa di conflitti nel mondo: “le guerre non finiscono realmente mai”. Anche una volta che i capi militari si siedono ad un tavolo per firmare la pace, la resa, l’armistizio la guerra continua a portare dietro di sé il suo folle carico di odio e di morte. Bombe inesplose, mine, mitra, fucili, armi che continuano a passare di mano in mano continuando a generare odio, morte, rancore.
Davanti a quella bomba ho provato la stessa sensazione di rabbia e di impotenza provata qualche anno fa in Bosnia in un bellissimo bosco in cui volevo fare una camminata quando mi si è parato davanti un cartello in varie lingue con la scritta “Pericolo Mine”. La guerra continua, in forma diversa ma continua, impedendo e/o limitando la volontà di vivere appieno un territorio che (anche molti anni prima) l’ha subita.
La guerra ha una data di inizio certa ma non quella della sua fine, la sua malefica scia continua ad annebbiare le nostre menti e ci impedisce di capire che sarebbe meglio sedersi ad un tavolo per ragionare prima dello scoppio delle bombe che dopo.
Le bombe nello Yemen
E quindi ben vengano scelte come quelle della nostra amministrazione che ha istituito un luogo della memoria. Memoria da attualizzare altrimenti non serve a niente. Sì, perchè negli stessi mesi in cui Lavis istituisce un luogo della memoria Iglesias, un altro Comune italiano in Sardegna, poco più piccolo di Lavis, sta decidendo se concedere o meno l’ampliamento ad uno stabilimento molto particolare.
Uno stabilimento che produce in maniera efficiente delle bombe e lo fa talmente bene da voler ampliare la sua produzione. La Rwm italia è la filiale italiana di una ditta tedesca, la Rheinmetall Defence, specializzata in esplosivi e ordigni militari. Tra i migliori in questo genere di lavoro e poco importa se poi queste bombe vengono vendute all’Arabia Saudita che le usa in questi giorni per bombardare i civili dello Yemen.
Ed eccoli qui, i civili, le vere vittime delle guerre. Chissà se anche loro hanno un qualche rifugio antiaereo come quello del Pristol in cui aspettare con apprensione e terrore sempre più crescente la fine dei bombardamenti. Di questo non siamo certi, quello che sappiamo è che la tecnologia per costruire armamenti sempre più performanti è migliorata nettamente da quella delle bombe che cadevano su Lavis oltre 70 anni fa, tecnologia che miete vittime e genera enormi flussi di migrazione forzata…
Speriamo che cambi il nostro approccio al pensare che l’unica possibilità per risolvere i nostri conflitti è quella di ricorrere alle bombe perché nessuno dovrebbe vivere nel terrore sia esso un lavisano oltre 70 anni fa in un rifugio antiaereo, un lavisano in apprensione per il disinnesco di una bomba o un yemenita oggi.
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