L’Italia in Cina: La “colonia” di Tientsin – Le pillole di storia

Una vicenda poco conosciuta che ci racconta come le mire coloniali delle neonata Italia siano arrivate fino in Cina

Fanteria italiana a Tientsin nel 1900 -https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italian_mounted_infantry_in_China_1900_HD-SN-99-01989.jpg#/media/File:Italian_mounted_infantry_in_China_1900_HD-SN-99-01989.jpg

Tianjin (Cina). Già nel bel mezzo del suo processo di unificazione, l’Italia guardava con interesse all’espansione coloniale in Africa. Somalia ed Eritrea, a partire dalla fine dell’Ottocento, costituirono il primo e modesto nucleo di questa espansione oltremare, che subì una battuta d’arresto negli anni Novanta dell’Ottocento con la sconfitta ad Adua contro le truppe etiopi. Tuttavia, non passò molto tempo prima che il Regno d’Italia si dirigesse nuovamente verso nuove mete, questa volta in Cina. Nel 1902, il governo di Pechino concesse all’Italia, in perpetua proprietà, il settore di Tientsin.

La rivolta dei Boxer e l’aiuto italiano


Ma perché questa concessione? La risposta a tale domanda si trova nella famosa rivolta dei Boxer, una società segreta cinese originariamente conosciuta come Yihequan (“pugni di giustizia e concordia”). Il nome “boxer”, di origine inglese, deriva dalla boxe: un rituale praticato dai membri di questa organizzazione. Si trattava di un movimento politico nato come risposta, anche aggressiva, all’influenza straniera (occidentale) in Cina. Il movimento diede origine, nel 1898, a una sanguinosa rivolta che portò all’uccisione di stranieri e cristiani cinesi. I ribelli si spostarono nelle grandi città, attaccando le legazioni straniere a Pechino.

Il 16 agosto 1900, il vento della rivolta si placò grazie all’intervento armato di Giappone, Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia e Germania: si trattò di una vera spedizione militare. L’Italia inviò solo un contingente di 2 mila uomini, piazzandosi al penultimo posto per numero di soldati in termini quantitativi. Germania e Regno Unito inviarono, per fare solo alcuni esempi, un numero di soldati dieci volte superiore. Nel 1901, una volta sedata , fu firmato un protocollo, i cui punti salienti includevano il pagamento da parte cinese di una cospicua indennità, la creazione di un quartiere delle legazioni a Pechino riservato agli stranieri e il diritto delle potenze straniere di mantenervi delle guarnigioni.

Soldati inglesi e giapponesi contro i ribelli cinesi nella battaglie di Tientsin https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Boxer_Rebellion.jpg#/media/File:Boxer_Rebellion.jpg

La colonia cinese


La concessione di Tientsin (l’odierna Tianjin: oggi una importante città portuale nella nord-est della Cina) avvenne il 7 giugno 1902, quando la Cina riconobbe all’Italia l’indennizzo per le spese sostenute nella guerra contro i Boxer. In poche parole, l’Italia ottenne la perpetua proprietà di un terreno di quasi un chilometro di lunghezza e mezzo chilometro di larghezza, con 17.000 abitanti, sulla sponda sinistra del fiume Hai. Si trattava di un territorio scarsamente popolato da stranieri, specie italiani, costituito da ampie porzioni di terreni paludosi e malarici. Tale concessione richiedeva ingenti interventi e finanziamenti. I principali introiti erano costituiti dalle tasse versate dai residenti locali, mentre la sicurezza e l’ordine pubblico erano garantiti da un reparto di Carabinieri aiutato da milizie ausiliarie locali.

A sostenere l’importanza della “nuova colonia in Estremo Oriente” fin dall’inizio, c’era il Ministro degli Esteri Antonino di San Giuliano, convinto che l’espansione italiana in Cina avrebbe incrementato il prestigio dell’Italia all’estero. In questo clima politico, iniziarono i primi interventi in campo edilizio con la costruzione dell’ospedale, di una caserma e del palazzo della Municipalità Italiana. Grazie a questo riassetto urbanistico, iniziò a prendere forma un quartiere residenziale che fonde l’architettura italiana con gli stilemi dell’architettura cinese.

Foto tratta da https://italianiinguerra.wordpress.com/2018/07/19/tientsin-la-concessione-italiana-in-cina/

La rivoluzione russa e la base militare di Tientsin


Verso la fine della Prima Guerra Mondiale, il settore di Tientsin ospitò i soldati trentini (arruolati nell’esercito austroungarico) reduci dalla prigionia in Russia. Alcuni di questi furono arruolati nei Battaglioni Neri per combattere al fianco dell’Armata Bianca Zarista contro l’Armata Rossa di Lenin. Con l’inizio della guerra civile in Russia, all’indomani della rivoluzione del 1917, fra bolscevichi e filozaristi, le potenze occidentali, fra queste Regno Unito e Italia, intervennero militarmente in Russia per sostenere le forze liberali e democratiche filozariste. A tal fine, nell’estate del 1918, l’Italia istituì un corpo di spedizione in Estremo Oriente impegnato sui fronti eurasiatici contro le armate bolsceviche. Il corpo di spedizione in Estremo Oriente aveva la propria base a Tientsin e comprendeva anche soldati “irredenti italiani”: militari di etnia italiana provenienti dalle terre italiane d’Austria (Trentino e dalla Venezia Giulia).

La restituzione dei territori alla Cina


Nel 1932 fu fondata la Lega italo-cinese con il duplice scopo di favorire la conoscenza della cultura cinese in Italia e di monitorare l’adesione dei delegati dell’Estremo Oriente ai valori fascisti. Tra il 1934 e il 1935 venne inaugurata la prima ambasciata italiana in Cina. Nel 1936, vennero censiti 7.953 abitanti, di cui 358 di nazionalità italiana. Il ruolo dell’Italia in Cina si indebolì nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1946, Roma rinunciò definitivamente ai benefici concessi dalla Cina nel 1901, restituendo quindi alla Cina il territorio posseduto a Tientsin. L’avventura coloniale italiana in Estremo Oriente poteva dirsi definitivamente conclusa.

E oggi, cosa rimane della presenza italiana a Tientsin? Navigando in rete, si trovano immagini che mostrano ancora oggi la presenza di edifici costruiti, soprattutto, durante il Fascismo. Fra questi spicca la foto del palazzo della cultura italiana (con tanto di fasci littori), oggi restaurato e trasformato in Centro sportivo. Sempre in rete spiccano foto e cartoline d’epoca che mostrano “l’italianizzazione” di questo piccolo angolo di Cina, come ad esempio gli edifici del quartiere aristocratico e il monumento commemorativo della Prima Guerra Mondiale in Piazza Regina Elena, oggi Piazza Marco Polo.

Andrea Casna, iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, albo pubblicisti, è laureato in storia e collabora con l'Associazione Forte Colle delle Benne. È stato vicepresidente dell'Associazione Culturale Lavisana e collabora come operatore didattico con il Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.

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