I recenti scavi hanno portato alla luce elementi che risalgono all’età del bronzo
Lavis. In una piacevole mattina di fine gennaio abbiamo avuto il privilegio di fare un sopralluogo assieme al professor Franco Marzatico, il dirigente della Soprintendenza per i beni culturale della Provincia Autonoma di Trento. Siamo negli scavi fatti nella parte alta del Pristol a Lavis. Osservando l’area non ci stupisce che i nostri antenati avessero scelto questo luogo per dimorarvi: una posizione soleggiata, una splendida vista sulla valle e un’ampia zona pianeggiante.
Il Pristol rappresenta il primo nucleo storico dell’abitato di Lavis, una serie di abitazioni arroccate sulle pendici del Dos Paion, in posizione rialzata rispetto alla pianura paludosa che era dominata da un torrente Avisio non ancora regimato. I ritrovamenti recentemente fatti però fanno riferimento ad un periodo molto più antico.
Ma andiamo per ordine. Tutto nasce dalla volontà di un privato e di un’impresa locale di procedere alla lottizzazione di un terreno. Si tratta di una zona che per la sua posizione e per alcuni ritrovamenti fatti nelle vicinanze potrebbe avere una certa rilevanza archeologica. Si decide quindi di procedere ad alcuni sondaggi esplorativi. Gia dopo i primi scavi sono emersi elementi di un passato molto lontano.
Il passato che riemerge
“La maggior parte dei reperti trovarti – ci racconta il professor Marzatico – appartengono all’età del bronzo recente e finale, quindi dal 1.350 al 900 a.C.. Ce ne sono poi alcuni che si possono ricondurre al periodo retico, quindi alla seconda età del ferro (500 a.C)”. I responsabili degli scavi ci fanno vedere una quantità notevoli di cocci, recuperati, puliti e catalogati. Alcuni sono molto semplici nella loro fattura mentre altri sono più elaborati.
“Da questi scavi preliminari – continua a raccontarci il Soprintendente – sono emerse strutture che si possono ricondurre a un antico nucleo abitativo. Ci sono opere murarie e una porzione lastricata che sembra attraversare tutto il fondo. La posizione è simile a quella di altri ritrovamenti in Trentino: un luogo rialzato e protetto che facilita il controllo del territorio circostante e vicino all’acqua”.
Il valore archeologico dell’area è sicuramente notevole sia per l’estensione dell’area che per la quantità e la qualità dei resti ritrovati in questi pochi giorni di scavi. Questo potrebbe essere un nuovo tassello per ricostruire la storia del popolamento del Trentino che va ad unirsi ai ritrovamenti fatti in altre zone vicine come a Zambana, a Sopramonte o a Fai.
E quindi adesso? Molto probabilmente bisognerà trovare un modo per conciliare gli interessi archeologici e quelli dei privati che avrebbero voluto costruire su quest’area. Il primo passo dovrebbe essere quello di procedere a degli scavi più approfonditi per capire se quest’area ha veramente un’importanza archeologica notevole, come sembra, o se il sito non ha altro da rivelarci.
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Non bisogna certo dimenticare che un analogo, importante ritrovamento avvenne nella stessa zona anche nell’anno 2000 nel corso dei lavori per la costruzione del nuovo vascone dell’acquedotto comunale. Affiorarono tanti reperti interessantissimi, muri e muretti di antiche costruzioni, scoperte sorprendenti , che però vennero immediatamente cancellate e coperte in fretta e furia dal materiale di scavo ! Questo, era stato comunicato allora, affinché i lavori dell’acquedotto non subissero arresti o ritardi e che il vascone con relativi allacciamenti venga concluso in tempo … Evidentemente tutto quanto scoperto allora non contava proprio niente di niente e non interessava a nessuno !!!