Una filastrocca risuonava anche per le vie del paese, fino agli anni Sessanta quando si pensò che questa usanza non fosse più necessaria
“San Nicolò da Bari,
la festa dei scolari,
la festa dei putei…
Sona tuti i campanei.”
Questa vecchia filastrocca risuonava un tempo per le vie di Lavis e dei paesi circostanti, la sera del 5 dicembre, giorno che precede la festa di San Nicola. Era quasi un preludio, per molte parti del Trentino, di momenti festosi ben più importanti come il giorno di Santa Lucia o il giorno di Natale, da sempre deputati alla gioiosa distribuzione di doni ai bambini.
Spostarsi qualche chilometro più a nord il timido scampanellio si trasforma tutt’oggi in una notte “magica” evocatrice di misteri e paure ancestrali, in cui si scontrano potentemente il male ed il bene. Alla fine, diciamo all’alba appunto del sei dicembre, il bene trionfa cacciando le tenebre e i fantasmi della notte e lasciando regali e dolci per i bimbi più buoni.
La lotta fra bene e male
Il bene è personificato in San Nicolò (Sankt Nikolaus per la lingua tedesca), figura importantissima per il culto cattolico, probabilmente collegato storicamente ad un vescovo di Myra, in Asia minore, vissuto durante il V secolo. San Nicolò indossa sempre l’abito talare, porta la mitra (il classico copricapo vescovile e cardinalizio) e tiene in mano un grande pastorale, il bastone ricurvo simbolo del potere vescovile.
Il Santo usa distribuire caramelle e sacchettini contenenti dolci ai bimbi. A volte può essere accompagnato da angeli. Sempre è accompagnato o preceduto da un chiassoso corteo simbolizzante il male. Il male è rappresentato dai Krampus (figure simili ai Cavezai della Valle di Cembra), sorta di figure diaboliche spesso munite di campanacci e sempre dotati di particolari “frustini” composti da fasci di rami, coi quali terrorizzano e percuotono chiunque capiti loro a tiro. I Krampus indossano spesso grosse maschere mostruose sormontate da corna, oppure lunghe parrucche nere e la faccia sporca di fuliggine ed emettono urla spaventose e suoni gutturali.
La tradizione a Lavis
A Lavis la mattina del 6 dicembre San Nicolò faceva visita ai bambini dell’asilo portando piccoli doni e promuovendo il bene. Vestito di rosso e con la barba bianca (simile all’attuale Babbo Natale) era aspettato con ansia da grandi e piccini. La tradizione di origine ottocentesca fu mantenuta dalla signora Carmela Merlo e si interruppe nel 1961 quando queste ricorrenze vennero ritenute “non necessarie”.
Tutti ricevevano qualcosa (mele, noci o caramelle) che l’anziano santo vescovo, qualche volta aiutato da un’angelo, estraeva dalla sua grande gerla. A scuola finita i più grandi, andavano a suonare i campanelli cantando questa filastrocca: “San Nicolò da Bari, la festa dei scolari, la festa dei putei, che i sona i campanei“.
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Sempre se posso intervenire con un chiarimento storico : La Carmela Merlo, nel corso di un’intervista di qualche decennio fa, mi aveva raccontato che lei aveva iniziato a fare il San Nicolò solamente per l’Asilo Infantile di via Clementi (poi diventata casa Pisoni) a partire dagli anni ’30 e cioè da quando aveva iniziato il lavoro nel suo bazar di famiglia ai piedi del 3° Vicolo del Pristòl ! Era andata avanti poi con l’Asilo alle Canossiane fin quasi agli anni ’60 e poi aveva lasciato l’incarico ad altri. Lei però era solamente il San Nicolò per l’Asilo Infantile, per l’Oratorio e per qualche sfilata sporadica in mezzo al paese,ci pensava allora la Filo “La Vetta” con i vari Toller,Varner,Brugnara,Righetti al seguito. Per qualche edizione il San Nicolò, pubblico, venne anche impersonato dal Fortunato – Nato – Zeni, nell’epoca delle sfilate carnevalesche da Piazza Loreto – Ricovero (Casa di Riposo) … E’ ricordata ancora l’edizione 1944 del San Nicolò con tutti fotografati dal Bepi Fontana davanti al primo ingresso del Rifugio sul Pristòl e postati sulla roccia all’esterno … Tutto qui , tanto per la cronaca , saluti a tutti quanti !!!
Grazie Giovanni! Più notizie abbiamo più completa sarà la ricerca di una tradizione antica di Lavis.
Andrea