Il giornalismo locale e la sfida di raccontare (bene) il proprio territorio

Serve coraggio, perseveranza e una buona dose di incoscienza

ROMA. Il Salento è un luogo dove la terra si confonde con il mare, dove la cultura contadina si contamina con i suoni dei Balcani, così vicini al punto che quando si percorre in auto la litoranea che costeggia l’Adriatico è facile che la propria radio si sintonizzi su frequenze che vengono dall’altra parte del mare.

In quella terra bella e selvaggia, meta di turisti ma ancora autentica, c’è un gruppo di giornalisti che ha deciso di raccontare ciò che accade, senza filtri e senza paura. Senza i limiti che il vivere in un posto dove si conoscono tutti impone, in maniera quasi naturale, a una parte dei cronisti locali.

Il tacco d’Italia

Quel progetto editoriale online si chiama Il Tacco d’Italia. Dal 2004 si occupa di inchiesta: mafia, caporalato, malasanità. Basta scorrere la sua home capirne il taglio. La sua direttrice, Marilù Mastrogiovanni, ha subito minacce in diverse occasioni. Non si è arresa. Non l’hanno fermata.

Pochi giorni fa l’Unesco l’ha nominata nella giuria di un prestigioso premio internazionale, il World press freedom prize. Nella motivazione si legge: «In riconoscimento del Suo profondo impegno per i principi della libertà di stampa, nonché del considerevole contributo che avete già dato a questi ideali».

Meridionews

Sempre a Sud, questa volta in Sicilia, il buon giornalismo locale ha altri nomi: uno di questi è Meridionews. Anche in questo caso l’informazione viaggi sul web. Anche questa redazione racconta la sua terra: buone e cattive notizie, accoglienza dei migranti e mafia, sport e malasanità, turismo e affari illeciti.

Nel quotidiano raccontare il territorio i giornalisti si sono imbattuti in una una storia che non poteva essere taciuta: hanno raccontato degli artisti neomelodici catanesi che cantano in napoletano e dei legami di alcuni di loro con noti boss mafiosi.

Al reportage su questo mondo poco conosciuto è seguita una serie di messaggi, minacciosi oltre che offensivi, contro quei giornalisti che avevano “osato” raccontare la realtà. La redazione si è spaventata? Tutt’altro. Ha denunciato e, ancora una volta, ha raccontato, raccogliendo la solidarietà del mondo dell’informazione nazionale. Il loro lavoro continua, che piaccia o no a boss e prepotenti di turno.

La nascita de ilMulo.it

Lasciamo il Sud adesso, e spostiamoci a Lavis. Un gruppo di volontari decide mettere in piedi un progetto per raccontare un territorio. Qualcuno penserà che è semplice e altri, statene certi, penseranno che è banale. Tutt’altro. E le storie raccontate finora lo dimostrano.

C’è qualcosa di estremamente nobile nella scelta di raccontare la propria terra. Ma chi decide di farlo si assume un compito gravoso: accettare di mettere in mostra la bellezza ma, anche e soprattutto, le cose che non vanno, a costo di attirare invidia, rabbia, odio, di essere vittima dell’isolamento.

Raccontare la zona in cui si vive – raccontarla bene – rende felici, fa sentire utili, è utile. Ma è anche complesso. È una sfida che necessita di coraggio, perseveranza, e una buona dose di incoscienza. È una sfida ardua, ma anche entusiasmante.

Averla colta significa aver già compiuto un pezzo importante di strada. Quella che rimane necessita di scarpe comode e bagagli leggeri, ma se percorsa a testa alta consente di guardare panorami meravigliosi.

Buona vista. Buona strada.

Giornalista all’HuffPost, vive a Roma. Stage a La Stampa, allieva della scuola di giornalismo di Urbino. Lucana, laureata in legge. Un passato (felice) da volontaria di Libera

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