La mia biblioteca – I ricordi di Maria Cavagna

In cinquant’anni di attività tante sono state le persone che hanno vissuto la biblioteca comunale di Lavis, ecco alcuni ricordi

Lavis. Quest’anno la biblioteca di Lavis compie 50 anni, un bel traguardo, impensabile all’epoca della sua inaugurazione. Proprio per ricordare questa importante scadenza, mi è stata chiesta una riflessione da condividere con le persone che sono state presenti nella sua storia. Mi riferisco a tutti coloro che per vari motivi hanno avuto un rapporto con questa istituzione.

L’intervista


1.Tempo fa, a cura dell’Ufficio per il Sistema Bibliotecario trentino della PAT, sono stata intervistata da una collega, Maria Grazia Depretis, e in quella occasione ho raccontato il lungo percorso di quella che è stata la mia professione di bibliotecaria a Lavis per quarant’anni. (l’intervista è disponibile qui). È inevitabile perciò che mi ripeta, come i vecchietti (del resto ormai lo sono!) che raccontano sempre le stesse storie. Sono lontana ormai dalla biblioteca da circa dieci anni e, pensando a come nel frattempo si è trasformato il mondo (e io stessa), mi sembra di vivere in un’altra era. Gestire una biblioteca ora richiede un approccio diverso e probabilmente competenze complementari. Allora forse c’era più spazio per iniziative che partivano dal basso e che poi avevano un riscontro più o meno forte a seconda di come erano stati interpretati i bisogni della comunità locale.
Mi soffermo brevemente sulle tappe fondamentali scandite dai numerosi traslochi.


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I traslochi


2.Come è noto, la prima apertura, in pompa magna, avvenne il 22 novembre 1970, con gli amministratori comunali, la direttrice della biblioteca comunale di Trento, il parroco, che benedisse i locali, e il primo bibliotecario Gabriele Iori. Discorsi, curiosità, interesse, aspettative: era una novità per il paese. La sede era al terzo piano dell’edificio comunale, raggiungibile dopo tre rampe di scale; per illuminarle, una lampadina attaccata ad un filo elettrico. L’ambiente dentro era decoroso, ma, mancando l’ascensore, non accessibile a tutti.

Poi il primo trasloco a piano terra del municipio, dove ora hanno sede gli uffici dell’anagrafe. L’accesso era direttamente dalla strada, visibile, anche se mancava un’insegna.
Poi ancora trasloco, nel 1981, al terzo piano dell’attuale edificio della scuola primaria di via Degasperi. Questa sede era la meno adatta delle precedenti, sistemata in una mansarda, calda d’estate e fredda d’inverno; una mansarda arredabile solo nella parte centrale, con illuminazione non ideale essendo in un sottotetto. Qui la biblioteca rimase più di dieci anni!
Nel ’92 ci trasferimmo nella sede che occupa attualmente.

Ogni trasloco era un incubo. Centinaia di libri da togliere dagli scaffali, vagliare, impacchettare, sistemare secondo un ordine bibliografico negli scatoloni, scartare, rifoderare, smontare e rimontare scaffali, aggiornare i cataloghi cartacei. Fino agli anni ’90 la biblioteca non aveva né una linea telefonica né una macchina da scrivere. Per stampare le tesserine cartacee dei libri, inizialmente mi portavo da casa una macchina da scrivere portatile! Un sacco di lavoro che allora richiedeva tempi lunghi e precisione, ora può essere svolto da un computer in pochissimo tempo come del resto in quasi tutte le professioni.

La mia professione


3.Le professioni cambiano e come il “moleta” itinerante si inseriva in un contesto sociale ed economico del tutto diverso, così il lavoro della bibliotecaria leggeva e interpretava bene o male i bisogni e le esigenze di sapere (e non solo) della comunità di allora. È questo che un po’ malinconicamente mi piace ricordare: i personaggi, le situazioni che davano senso e colore al mio operare e che tutto sommato sono la storia di questi 50 anni della biblioteca di Lavis.

Rivedo i tanti bambini che hanno iniziato a frequentare la sede, accompagnati dai loro insegnanti o dai genitori, le loro facce curiose e meravigliate. Li ho poi rivisti negli anni a seguire, ancora in biblioteca, un saluto educato alla bibliotecaria e via verso i compagni seduti ai tavoli a fare compiti, ricerche o chiacchiere. Sono poi andati a studiare fuori paese, ma la biblioteca ha continuato ad essere un punto di ritrovo. In seguito la vita li ha allontanati per studio o lavoro, ma talvolta mi capita di rivederli a loro volta con figli. Io credo che per loro la biblioteca sia ancora un luogo da frequentare, un’abitudine da coltivare.

Ricordo ancora gli incontri di lettura, tante storie sono state raccontate ai nostri piccoli visitatori, lette da libri illustrati o anche animate da libri senza parole. Attori, narratori e le stesse bibliotecarie si sono attivati per rendere piacevoli quegli incontri.
Rivedo nitidamente i bambini dell’asilo nido che a piedi partivano dalla loro scuola con le loro insegnanti e passo dopo passo, tenendosi ad un grosso cordone, arrivavano in sede, si riposavano, si rifocillavano e poi guardavano a piacimento i libri o ascoltavano storie illustrate.

Periodicamente c’erano le mostre di libri a tema. Quella sui libri del Natale, ad esempio, di anno in anno si arricchiva di novità, per grandi e piccoli, narrativa, manualità, tradizioni nel mondo, Natale nell’arte, cucina delle feste ecc. Qualcuno creava addobbi e un presepe per contorno. Preparavamo un grande albero che fra gli addobbi prevedeva il contributo dei visitatori. Il primo allestimento invitava a lasciare un messaggio indirizzato a Gesù Bambino. Era una novità, pare, tanto che una radio locale mi fece una intervista radiofonica per illustrare questa iniziativa. C’erano messaggi toccanti di anziani con grande fede e grossi dolori da sopire o ingenue richieste di bambini fulminanti nella loro semplicità e immediatezza.

Prima ancora della diffusione di computer e di internet in molte case, per mancanza di spazio o perché i bimbi crescevano e le esigenze erano diverse, molti ci portavano dei libri e quindi ci facemmo promotori del take-away, uno scaffale che ospitava libri da scambiare fra gli utenti, iniziativa diventata poi negli anni molto di moda anche nei luoghi pubblici con espositori ad hoc.


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Gli utenti


4.Ricordo anche la gentilezza di alcune persone che con rispetto quasi religioso entravano in biblioteca e si rivolgevano a me, aspettando pazientemente che finissi con altri, per avere informazioni o consigli di lettura. Per lo più conoscevo i gusti e avendo in mente le nuove e le vecchie dotazioni di libri, spesso riuscivo ad indirizzare correttamente gli utenti. Se i consigli erano azzeccati si stabiliva un contatto per nuove proposte. Era un piacere quando questo avveniva o anche quando si riusciva ad avere un ritorno positivo sulle nuove proposte.

A volte c’erano richieste che mi lasciavano un po’ spiazzata. Un giovane genitore una volta mi presentò un biglietto con un elenco di titoli di libri. Non avendoli, li richiesi con il prestito interbibliotecario. Nel fare la richiesta, mi accorsi che erano libretti cartonati con semplici illustrazioni, senza testo. Gli spiegai che avevamo comunque anche a Lavis molti libri simili se avesse voluto. Lui telefonò a casa per chiedere lumi. Come minimo mi aspettavo che a casa ci fosse qualcuno che scriveva un saggio sui libretti per bambini…
No, erano per la sua bimba. Gli chiesi l’età e lui mi disse che aveva quasi quattro mesi!

Le iniziative


5.Un’iniziativa che ebbe un buon seguito fu il nostro concorso letterario biennale “Il piacere di raccontare“, che ha raccolto tanti racconti scritti da adulti e ragazzi, anche da fuori provincia. C’era una commissione che valutava e i premi per i vincitori erano in buoni libro. Il concorso si protrasse per dieci edizioni e quella montagna di racconti dovrebbe ancora occupare dei faldoni nell’ufficio della biblioteca.

Un’altra importante attività che si è ripetuta nel tempo, partita da proposte nate all’interno del Consiglio di biblioteca, fu il “W Avisio“, un contenitore di iniziative di stampo ambientalistico, a cui aderivano anche alcune associazioni del territorio. La biblioteca organizzava o coordinava le iniziative o le arricchiva con conferenze, film, animazioni per bambini o visite guidate con pullman a varie strutture. Si collaborava con gli operatori ambientali e con esperti dell’Istituto Agrario e del Museo di San Michele all’Adige.

Una biblioteca fatta di persone


6.Ho conosciuto tante persone con cui ho mantenuto amicizia nel tempo, e altre a cui sono grata per avermi aiutata nel lavoro. Di molti, anche fra colleghi, amministratori o “coadiuvanti” di vario genere, conservo un affettuoso ricordo e una profonda stima per la loro disponibilità e correttezza.
Naturalmente rimpiango il facile cameratismo che si era instaurato fra colleghe e che portava il buonumore anche nei momenti più pesanti. Ad essere sinceri talvolta ancora adesso ci capita di ritrovarci e ridere di noi.

Impossibile elencare tutti coloro che hanno lasciato in biblioteca una loro traccia stimolando dibattiti, suggerendo conferenze o contribuendo a organizzare concerti, animazioni e altro… è impossibile anche ricordare coloro che una traccia non l’hanno necessariamente lasciata, ma che con la loro dedizione hanno permesso che questa istituzione si sviluppasse nel tempo ovviando anche a piccoli problemi quotidiani.
Ringrazio quindi questa vasta comunità in cui ho passato quarant’anni significativi della mia vita, augurando a tutti i giovani che in tempi così difficili si affacciano al mondo del lavoro di trovare una comunità altrettanto generosa che offra stimoli, opportunità, gratificazioni, sostegno e una visione del futuro degno di essere vissuto.

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