Quando c’era la funivia direttissima che da Lavis saliva sulla Paganella

La chiamavano “l’ascensore dele Dolomiti”, inaugurata nel 1957, rimase in funzione fino alla fine degli anni Settanta. Era un’opera ardita che però suscitò anche troppe invidie

LAVIS Si cominciava sempre così con la canzone di casa “Voria veder el Trentino da ‘na cima propri bela…” Si partiva, allora, di primo mattino, magari anche appena passata la mezzanotte, per la lunga scarpinata verso la Paganella passando da Zambana vecchia e poi dagli anni ’50, con la funivia appena realizzata.

Però la sorte della Funivia direttissima della Paganella era già segnata da tempo sulle agende dei trafficanti-politicanti, sia provinciali che nazionali, molto probabilmente sin dai primi anni di attività…

Il primo viaggio

1.Il manufatto, arditissima opera per tutti gli amanti della montagna più bella del Trentino, ma non solo di quelli, era stato inaugurato in pompa magna l’8 dicembre del 1957 e proprio dall’allora ministro delle poste e telecomunicazioni onorevole Bernardo Mattarella1.

Dopo la benedizione, impartita dall’arciprete-decano di Lavis don Celestino Brigà, presente insieme ai vari sindaci di tutta la zona circostante e ai vari assessori provinciali di turno, si era svolto il primo viaggio con tutte le autorità proprio dalla stazione di partenza di Lavis alle 10.30 di quello storico giorno.

(Video Dna Trentino)

Un’opera arditissima

2.C’erano proprio tutti gli invitati, oltre agli addetti ai lavori, i presidenti delle Sezioni Sat di tutto il Trentino, insieme al primo presidente della neocostituita “Società Funivie Paganella” dott. Mantovani. Si parlava in quell’occasione di un opera arditissima, unica persino in Europa, il progetto generale era stato realizzato dall’ing. Ugo Carlevaro di Torino, il percorso da Lavis fino alla cima, si arrivava proprio davanti al Rifugio Cesare Battisti, era di 3887,84 metri tutto su funi speciali della Falk.

Il dislivello era di 1885,76 metri, la durata del viaggio di circa 8 minuti, la cabina portava 44 persone esatte, mentre la portata oraria era di 280 viaggiatori. Il costo dell’intero impianto funiviario arrivò allora sui 280 milioni di lire, nella gestione facevano parte, oltre a quello di Lavis, anche i Comuni di Trento (era il maggior azionista), poi anche Fai, Andalo, Zambana, insieme all’Atesina, l’Immobiliare Previdenza, la Scac e anche la Sit.

(Video Dna Trentino)

Pranzo al sacco

3.Con la funivia si andò avanti alla grande, dopo l’iniziale entusiasmo l’euforia era al massimo, tantissimi i passeggeri che arrivavano a Lavis e poi salivano sulla Paganella, tante le comitive di escursionisti sia della Sat ma anche di tante altre associazioni volontarie ambientali.

Oltre ai normali passeggeri , erano diverse anche le trasferte dei bambini e ragazzi, sia della Scuola Materna, ma anche delle elementari, della Colonia Diurna e anche dei primi campeggi lavisani. Tutti includevano nei loro programmi settimanali e mensili anche l’immancabile trasferimento sulla Paganella, magari con il pranzo al sacco tra l’erba, i mughi e i rododendri sulla spianata, poi magari con la passeggiata finale fino alla “Roda” e all’altra stazione funiviaria verso Fai e Andalo.

La cabina a riposo

Questioni di sicurezza?

4.Nelle passeggiate sulla cima a piedi, si ammiravano anche le varie postazioni esistenti, la stazione della Rai, quella della caserma Nato di Vicenza, ma anche la rappresentanza dei Carabinieri lavisani che erano in cima per la sicurezza e ospitati in un apposito container abitativo.

Nel 1975 l’impianto venne chiuso “per ordini superiori” e la scusa-balla che venne adottata in quell’occasione era quella della sicurezza della fune portante e pertanto l’intera funivia non era più in grado di soddisfare la normativa vigente. Altra grossolana spiegazione adottata era anche quella, sempre rivolta alla fune portante, di essere stata seriamente indebolita e “fulminata”, cioè colpita da un fulmine, durante un furioso temporale sulla zona e questo come non ce ne fossero mai stati di temporali e di fulmini sul percorso delle corde della funivia…

Un rilancio impossibile

5.Da quella data di chiusura era quindi iniziato il palleggio delle responsabilità tra tutti i vari enti gestori con promesse, programmi e con idee di rilancio, progetti faraonici, proclami elettorali anche alle elezioni provinciali, che scatenarono anche questo o quel partito politico trentino che voleva a tutti i costi rimettere in funzione la tanto amata Funivia Direttissima…

Intervenne anche il Comprensorio per tentare di salvare il salvabile, affidando persino “all’Engineering” l’incarico di predisporre un nuovo progetto appunto per il rilancio. Progetto che però presentava la cifra preventivata intorno ai 7 miliardi di lire, cifra questa che nessuno, in quel particolare momento non proprio florido in quanto a finanziamenti pubblici, aveva certamente in testa di spendere per il rilancio della Paganella.

L’inizio dello smontaggio delle funi

La funivia del biscione

6.Per acquistare poi la funivia, così com’era, si era poi avuta la proposta ufficiale dal “Biscione” che la voleva utilizzare solamente per servizio interno dei suoi tecnici i quali erano in Paganella, quasi giornalmente, per l’installazione – manutenzione tecnica e logistica delle prime trasmissioni di Canale 5… ma non se ne fece niente, anche se la cifra proposta era più che allettante per quei tempi!

A spingere poi per lo smantellamento totale e quindi l’eliminazione di tutto quanto l’impianto funiviario, c’erano anche i Comuni e le aziende di soggiorno che ruotavano intorno agli interessi, non solo della cima della Paganella, ma di tutto il territorio dell’altipiano Andalo & Fai…

Condanna a morte

7.Quindi arrivò (si disse addirittura da Roma e dalla segreteria di un notissimo politico trentino), la condanna a morte con il conseguente smantellamento graduale di tutto quanto, compresa l’intera struttura della stazione a valle sul territorio lavisano.

Se ne era così andata una struttura importante che a suo tempo era stata anche il vanto per l’intero Trentino e anche con un riflesso importante per la borgata lavisana, conosciuta in tutta Europa appunto per la sua stazione di partenza ai piedi della Paganella.

La piantina del percorso

Prima del tempo

8.Per la funivia direttissima però un torto lo ha sicuramente avuto anche lei, quello di essere nata prima del suo tempo. Infatti, quando fu realizzata negli anni ’50, la Paganella come centro sciistico era alle prime armi e stava solamente muovendo i suoi primi timidi passi ed era mèta di appassionati sì, ma solamente alpinisti, scalatori, escursionisti di gran classe e vacanzieri della domenica.

I tempi però sono poi cambiati assai e una funivia che unisca il fondovalle direttamente alla cima sarebbe stata un impianto eccezionale che avrebbe dato alla “montagna più bella del Trentino” un ulteriore e appropriato riconoscimento, insieme ad un ulteriore impulso non solamente stagionale.

Solo un ricordo

9.Purtroppo però le solite beghe e invidie di bottega, con i campanilismi sfacciati e uniti solamente agli interessi anche politici del proprio territorio, non hanno lasciato nessuna speranza e nessuna via di scampo per la Funivia!

A noi, che eravamo andati a piedi sulla Paganella con la scuola dei nostri tempi, non ci resta che il ricordo della canzone ormai indimenticabile “voria veder el Trentino da ‘na cima propri bela, no sta perder massa temp e va su la Paganella..“!

Però sulla Paganella solo a piedi, per intanto, poi forse magari con la funivia della Val Manara, quella che sembra vogliano far ripartire proprio da Zambana vecchia, chissà… chi vivrà vedrà!

La locandina pubblicitaria

Note

  1. Bernardo Mattarella (1905–1971) è stato un politico italiano, più volte Ministro della Repubblica. Ha avuto quattro figli, tra cui Piersanti, presidente della Regione Siciliana assassinato da Cosa nostra il 6 gennaio 1980, e l’attuale Presidente della Repubblica Sergio.

Giornalista, scrive per "Vita Trentina". Per decenni è stato il corrispondente da Lavis per "L'Adige". Memoria storica e appassionato di cinema, ha lavorato come tuttofare per il Comune di Lavis fino alla pensione. Scrive per "Il Mulo" dopo essere stato una delle colonne del giornale digitale "La Rotaliana".

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