Questo articolo fa parte del progetto “Le vie dell’acqua e dell’uomo: società ed economia fra passato e presente” promosso da Ecomuseo Argentario, con il contributo della Fondazione Caritro. Partner del progetto: Associazione Culturale Lavisana, Comune di Lavis, Comune di Civezzano, Rete delle Riserve Val di Cembra-Avisio e APPA
Lavis. Come abbiamo visto nei precedenti articoli il torrente Avisio costituisce un fattore determinante per lo sviluppo del paese. Una delle attività più floride in questo contesto è stato il commercio del legname, con il dazio ai Vodi. Lavis che diventò quasi subito un importante centro di smistamento e commercio di questo prodotto. Tale attività era presente sulla direttrice dell’Adige già prima dell’anno Mille con la presenza degli zatterieri di Verona.
A partire dal medioevo le città del Veneto, nel bel mezzo di uno sviluppo economico, culturale e demografico, contribuirono a dare un forte impulso a questo settore. In questo contesto le comunità trentine rivestono sin da subito un ruolo importante per il commercio del legname e per la produzione di semilavorati. Le comunità di montagna svilupparono tecniche di selvicoltura con la programmazione del taglio degli alberi. Si sviluppò, di pari passo, un comparto che vide la costruzione di segherie idrauliche per la lavorazione in loco e una rete di trasporto a valle, attraverso lo sfruttamento dei corsi d’acqua, fino a dei veri e propri terminal, come quello dei vodi di Lavis o del Leno a Borgo Sacco. Giunto a questi porti, il legname veniva poi trasportato, mediante zattere, sull’Adige fino a Verona e poi a Venezia. Tale rete favorì la nascita di società commerciali fra i rappresentanti delle comunità di montagna e gli imprenditori veneti.
Lo snodo dei Vodi
Uno dei siti principali destinati allo smistamento si trovava a Lavis, ai Vodi, alla confluenza del torrente Avisio nel fiume Adige. Si trattava di uno stabilimento, un vero e proprio “terminal,” fondamentale per il taglio e lo smistamento del legname. Le mappe dell’epoca, infatti, segnano in modo evidente la presenza del Dazio e delle segherie.
Nell’attuale Piazza Don Grazioli, nella corte interna del palazzo della casa del Bargello, nei pressi del Palazzo Vicariale, si trova ancora la lapide, del 1582, con riportate le diverse misure mercantili: il piede di Primiero cm 32,5, di Fiemme 35,4, di Trento cm 33 e di Verona 34,29. Tale lapide, oggi forse l’ultimo elemento che ricorda quel periodo, aveva appunto lo scopo di “fare ordine” e facilitare le transazioni commerciali fra le parti interessate. Qui risiedeva anche un funzionario speciale, “generale supremo alle selve”, con il compito di sovrintendere e supervisionare tali scambi.
A Lavis, attraverso la corrente del torrente Avisio, arrivavano dai boschi della val di Fiemme, in minima parte dalla val di Fassa, lunghi tronchi di abete rosso e bianco, di larice, cirmolo e faggio. Il punto di arrivo era nella località ai Vodi dove si trovavano la casa del Dazio e le roste mercantili: vale a dire canali d’acqua che servivano a trasportare i tronchi ai depositi secondo un ordine ben preciso: prima il legname da costruzione e poi il legname da ardere.
Ai Vodi gli impianti di lavorazione erano di proprietà dei mercanti di legname di Fiemme, come per esempio quello della famiglia Someda. Importante, infatti, era la segheria gestita dalla Negoziazione del legname di Fiemme, che fungeva, come visto sopra da tappa, da terminal, della fluitazione. Qui il dazio procedeva alla conta del legname che veniva poi trasportato a forma di zattera e su zattera stessa, fino al porto di Borgo Sacco a Rovereto: si trattava principalmente di legname da costruzione.
Commercio e nuovi progetti
Nel XIV secolo i Bevilacqua di Verona, originari di Ala, sono forti acquirenti del legname della Val di Fiemme: nel 1338 Francesco Bevilacqua compra 350 pezzi di legname da Benassuto fu Baldo di Ala.
Al 1752 Giovanni dal Doss possedeva una casa con segheria ai Vodi e la Ditta Riccabona di Cavalese aveva nel Palazzo Tavonatti la sede commerciale: al 1855 l’azienda possedeva un casa con segheria ai Vodi e segherie di nuova fondazione. Al 1750 è presente anche una segheria in località Zarga. In località “alle Seghe”, in località “alla Zarga” e nei pressi della chiesa di Sant’Udalrico, si trovavano impianti dove la comunità aveva il diritto di far segare il proprio legname ad un prezzo ridotto.
Nel XVI secolo vi fu anche l’idea di rendere navigabile il torrente Avisio: «Giovanni Someda -scrive Albino Casetti nella sua Storia di Lavis – nel 1581 chiede al Vescovo di poter ‘netar et comodar il fiume del Lavise (o de l’Avis) per renderlo navigabile per zatte o radi». La famiglia Someda, originaria dell’omonima frazione nei pressi di Moena, fu una delle grandi protagoniste del commercio del legname fra Cinque e Seicento. Di origini, diciamo, umili, nel giro di poche generazioni la famiglia riuscì ad affermarsi, sotto l’aspetto imprenditoriale e commerciale, in quasi tutte le valli del Tirolo e del Principato di Trento, stringendo, inoltre, importanti legami matrimoniali con le principali famiglie aristocratiche del tempo, come i Trapp e i Castelbarco. Agli inizi del Seicento possedevano a Lavis, nella zona dei Vodi, una segheria con quattro ruote. Sempre nel XVII secolo, esattamente nel 1615, ottiene come garanzia il feudo di Koenigsberg dal dinasta Dario Castelletti di Nomi. Per migliorare il commercio la ditta Hingerle decise frantumare con l’esplosivo le rocce potenzialmente pericolose nei pressi di Lavis.
Le segherie e gli zattieri
La documentazione più antica, in merito alle segherie di Lavis, risale al XVI secolo. Della metà del Cinquecento è la segheria Bergamini-Zampedri, in centro al paese nei pressi della Chiesa di S.Udalrico, che sfruttava l’acqua della roggia per segare tronchi di grandi dimensioni. Nel corso del XVII secolo l’attività crebbe a tal punto da portare alla costruzione di uno spiazzo, davanti alla segheria, da usare come deposito del legname. Al 1600 proprietario è un certo Alberto Bergamino da Tierno di Mori. Al 1764 il proprietario è un certo Angelo Zampedri. Si tratta di una famiglia molto intraprendente in quanto si costruiscono un mulino in località alle Smelze, in Piazza Loreto. A metà Ottocento Margherita Zampedri, sposa Dalmas, è proprietaria del complesso che prenderà il nome di “Segheria Dalmaso” che rimarrà attiva fino alla Seconda guerra mondiale.
Il trasporto del legname avveniva su zattere. Importanti erano gli zattieri di Borgo Sacco, una corporazione riconosciuta con privilegio concesso nel 1584 dell’arciduca Ferdinando II e riconfermato da Maria Teresa d’Austria, che al loro interno trovarono lavoro anche persone di Lavis. Aurelio Rasini, nel suo lavoro dal titolo Annali Lavisani, scrive che il giorno di San Nicolò, il 6 dicembre, veniva celebrata nella chiesa di Loreto la “Messa dei zattieri”. Gli zattieri avevano il compito di costruire le zattere ai Vodi e di condurre, con tutto il carico, sull’Adige. A Lavis, a metà Settecento, vivevano i maestri zattieri Lazzeri e Aliprandi.
La fine della secolare fluitazione
Dalla seconda metà del XIX secolo la fluitazione del legname inizia il suo lento declino. Nel 1845 Floriano Pasetti della Direzione superiore delle costruzioni di Venezia, giudicò la fluitazione del legname attraverso il torrente l’Avisio “dannosa perché favorisce il trascinamento del legname ed il disboscamento e crea gravi inconvenienti ai Vodi dove rende sempre più elevato il corso centrale del torrente tanto da superare pericolosamente il livello delle campagne”.
Con la costruzione della diga di San Giorgio al Zambel, nel 1886, e con l’avvento del trasporto su rotaia, la fluitazione del legname iniziò il suo declino. A metà dell’Ottocento Agostino Perini scrive, nelle sue Statistiche del Trentino, che «alla foce del torrente nell’Adige nella località denominata i Vodi si trova uno stabilimento di seghe per la riduzione di legnami, che dai monti di Fiemme vengono fluitati sull’Avisio. Questo stabilimento era molto più esteso avanti pochi anni, ed ora va sempre più restringendosi per le funeste conseguenze prodotte dalle inondazioni dell’Adige che condusse più volte tutte le cataste di legne. La fluitazione dei legnami sul torrente fu in parte ritenuta come cagione dei notevoli guasti che il torrente suole recare alla campagna sopra ambo le sponde, dall’altro canto però quell’ industria e le facilitazioni che la ditta Riccabona acconsentiva a titolo di risarcimento agli abitanti colla provvigione delle occorrevoli legne, erano di non lieve vantaggio alla borgata».
E ancora: «Un tempo questo stabilimento della ditta Riccabona era in maggior fiore, ma essendo state migliorate le strade della valle di Fiemme i legnami di questa valle, ricca di boschi, vengono per la maggior parte ridotti in assi nell’interno, e tradotti sopra carri a Egna. Del resto la fluitazione di legnami sull’Avisio si fece in questi ultimi tempi pericolosa per le frequenti fiumane, nelle quali furono sovente scondotti e dispersi i legnami che si trovavano allo stabilimento dei Vodi».
Leggi anche – La Serra di San Giorgio al Zambel
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