Il caso portò Romano Donati all’interno del villaggio olimpico a Melbourne nel 1956 e gli regalò un paio di settimane a stretto contatto con i campioni di allora
Lavis. Le Olimpiadi, si sa, sono un evento che catalizza e monopolizza l’attenzione di tutto il mondo. Gli eventi sportivi che si stanno svolgendo a Tokyo sono anche l’occasione per andare indietro nel tempo e ricordare quello che è successo nelle passate edizioni. Una persona che ha ricordi particolari e moltissimi aneddoti da raccontare è Romano Donati, lavisano, che nel 1956 a Melbourne ebbe la fortuna di vivere da vicino la XVI Olimpiade.
In questi giorni ci siamo fatti aprire gli album di fotografie e raccontare alcune curiosità che magari non sono finite sulle cronache sportive del tempo. Lasciamo spazio al suo racconto.
Vado a salutare la mia paesana
Era già da qualche anno che vivevo a Melbourne e i giochi olimpici erano un evento atteso da tutta la comunità italiana per sostenere e magari incontrare i nostri connazionali. Io sapevo che una mia compaesana, Cristiana Bortolotti, era nella squadra italiana di scherma ed ero andato all’aeroporto per salutarla al suo arrivo. Con mia sorpresa non la vidi scendere dall’aereo e fermai un atleta grande e grosso per chiedere informazioni. Era Adolfo Consolini, un campione del lancio del disco. Mi raccontò che Cristiana si era infortunata qualche giorno prima di partire e che non avrebbe partecipato ai giochi. Mi disse anche che lui era di Costermano su Garda e quindi potevo considerare anche lui un mezzo compaesano.
Mi invitò a seguire il pullman degli atleti con la mia macchina: così avremmo fatto due chiacchiere al villaggio olimpico.
L’ingresso al villaggio olimpico
Con l’aiuto di Consolini entrai quindi nel villaggio olimpico ed ebbi l’occasione di passare quasi tre settimane a stretto contatto con i campioni italiani ma non solo. Moltissimi atleti, anche di altre nazionalità, frequentavano casa Italia perché si sa che gli italiani sono famosi in tutto il mondo per la loro simpatia e per la buona cucina. Vidi Vladimir Kuts vincere due medaglie, ma anche centrare un palo con una macchina sportiva. Era infatti un amante delle belle macchine e non seppe resistere alla tentazione di provarne una che era parcheggiata nel parcheggio del villaggio olimpico, ma il motore era troppo potente e la macchina sfuggì al controllo del mezzofondista russo.
Vidi Lev Ivanovič Jašin, il mitico portiere. Per lui la forza di gravità non esisteva e sembrava volare quando si tuffava per parare palloni impossibili: impressionante!
Quando Jesse Owens mi prestò il suo cappotto
L’australia è un paese bruciato dal sole ma la sera può fare anche freddo. Con il mio amico Consolini stavamo guardando la gara di decathlon ed era ormai sera. Io ero vestito in modo leggero e stavo battendo i denti. Vicino a noi a guardare la gara c’era anche Jesse Owens che vedendomi infreddolito mi offrì il suo spolverino che non stava usando. Lui era decisamente più grande di me e dovetti arrotolare e fissare il cappotto sopra le ginocchia per non inciampare. Owens, un grandissimo campione e un grandissimo uomo.
Leandro Faggin e Adolfo Consolini
Io, grande appassionato di ciclismo, potei seguire allenamenti e gare degli azzurri. Vidi Leandro Faggin vincere due medaglie d’oro, quella nel chilometro da fermo e quella dell’inseguimento a squadre.
Seguii anche tutta la preparazione e la gara del mio nuovo amico Adolfo Consolini. Purtroppo non fu fortunato e non riuscì a bissare l’oro di Londra 1948 né l’argento di Helsinki 1952. Concluse la sua gara di lancio del disco al 6° posto. Vi posso confermare però che in allenamento era riuscito a lanciare ben più lontano del 52,21 che fu il suo risultato finale.
L’inno cantato
Sono stati giorni indimenticabili, pieni di sorprese ed incontri eccezionali. Ma il fatto che ancora mi commuove quando ci ripenso è stata la premiazione della gara di ciclismo su strada che ha visto trionfare il nostro Ercole Baldini.
Come detto sono un grande appassionato di ciclismo e non potevo mancare a questa gara dove non eravamo i favoriti, ma nemmeno i più scarsi. Infatti sulla salita finale del tracciato Ercole Baldini riuscì a staccare tutti e a vincere il suo oro olimpico. Già questa vittoria era stata un’emozione molto forte, ma il bello doveva ancora venire.
Al momento della premiazione quando venne issato il tricolore sopra a un commosso Baldini ci fu un inconveniente tecnico, o forse nessuno si aspettava che vincesse un italiano… fatto sta che non partì il disco con l’inno di Mameli. Noi pochi italiani presenti in prima fila alla premiazione ci guardammo e cominciammo a cantarlo noi, il nostro inno! Si tratta della più bella premiazione che io abbia mai visto. Dopo le prime note si unì al coro anche il neo campione olimpico. Non so se riuscimmo a cantare tutto l’inno, l’emozione è stata talmente forte che il ricordo vacilla, di sicuro finimmo tutti abbracciati e bagnati dalle nostre lacrime.
Non so che cosa sarebbe successo se non fossi andato all’aeroporto per salutare la mia compaesana, se non avessi incontrato Adolfo, ma il destino ha voluto così e mi ha regalato delle emozioni uniche che ancora oggi, a distanza di oltre sessant’anni, sono forti e vive.
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