LAVIS. Nel lungo viaggio che ilMulo.it sta facendo alla riscoperta della storia di Lavis, andiamo ora a rileggere la vita di uno dei personaggi del passato, in occasione dell’anniversario della sua nascita.
Carlo Clementi era nato a Lavis, come riportano i registri parrocchiali, proprio il 15 gennaio 1799, da Giovanni Nicolò Clementi e Elisabetta Dallaqua di Pescantina. Morirà all’età di 51 anni il 25 giugno 1849 a Pergine per vaiolo. Si sposa con Carlotta Peterlungher dalla quale avrà sette figli; di questi l’unica a sopravvivere sarà Carolina Luigia nata a Civezzano il 5 febbraio 1830.
Nel 1847 fu nominato giudice per i distretti di Pergine e di Civezzano. La sua vita e il suo operato si concentrarono, principalmente, nel breve periodo rivoluzionario del 1848-49, per l’ottenimento di un Trentino (o Tirolo italiano) autonomo, da Innsbruck.
Il 19 maggio 1848 fu fra i deputati che firmarono un documento di protesta, indirizzato alle autorità di Innsbruck, in cui i rappresentati del Tirolo italiano, forti del sostegno di 5.000 firme, si dimostrarono contrari a partecipare alla Dieta di Innsbruck perché ai trentini spettavano 20 rappresentati e a quelli tedeschi 52.
Lo svantaggio numerico per la classe dirigente trentina, infatti, non avrebbe garantito l’ottenimento delle loro richieste per la modernizzazione dell’apparato legislativo provinciale e dell’autonomia del Tirolo italiano. Fra aprile e maggio il Clementi pubblicò sul giornale il «Messaggiere tirolese», due articoli. Nello specifico si tratta di Sulle relazioni del Tirolo Meridionale (aprile 1848) e Considerazioni sulla Costituzione Austriaca del 25 aprile 1848 (maggio 1848).
Erano gli anni dei moti rivoluzionari che infiammarono le principali capitali europee. Milano e Venezia erano insorte contro il governo di Vienna. A Trento, in questo contesto turbolento, fra proteste e rivolte, un gruppo di intellettuali iniziò a operare per fare del Trentino una provincia autonoma di Innsbruck.
Le motivazioni erano economiche e linguistiche e ad avere un ruolo attivo in questo movimento, che durerà fino all’alba della Grande Guerra, troviamo anche il lavisano Carlo Clementi, la cui casa di famiglia è proprio quella in via Clementi con la lapide dedicata al fratello Giuseppe.
Lo storico Pietro Pedrotti, nel libro La deputazione trentina alle costituenti di Vienna e di Kremsier, pubblicato a Trento nel 1929, riportò quanto segue:
Franco, leale e di sincera fede patriottica, per quanto d’accordo coi colleghi nel propugnare il distacco del Trentino dal nesso provinciale, presagio forse dei successivi sviluppi della lotta così animosamente ingaggiata, avrebbe ritenuto consigliabile nel tempo stesso in cui si chiedeva la separazione, di non respingere a priori una autonomia anche meno ampia, qualora essa – come sperava – fosse meno osteggiata.
Quando però egli s’accorse che questa sua aspirazione politica transigente era in contrasto coll’opinione generale del suo paese, seppe con profondo senso di disciplina abbandonarla, e sostenere con ogni energia i colleghi nell’aspra lotta iniziata. Non parlò molto nell’Assemblea, ma fu membro apprezzato in commissioni ed uffici: il suo nome è legato a quel memoriale – frutto di due mesi di lavoro e che fu di tanto aiuto all’intera deputazione – in cui, sulla base di dati statistici, etnografici, storici e economici, si dimostrava la necessità del distacco; prova questa, anche di fronte ai critici oltremontani, del suo illuminato patriottismo».Pietro Pedrotti
Nel 1862, all’indomani dell’Unità d’Italia, in un periodo storico delicato in cui i trentini proseguirono nella lotta per l’autonomia, il deputato Pietro Bernardelli, ricordò l’operato dell’amico e collega Clementi in un articolo dal titolo Due lettere di Carlo Clementi, consultabile nell’archivio della Biblioteca Comunale di Trento.
Riportiamo qui di seguito quanto scrisse il Bernardelli:
Chi ebbe la ventura di conoscere questo egregio cittadino, e di essergli amico, non poteva non essere indignato, nel vedere, come lo spirito di parte ardisse di snaturare un carattere sì intemerato, per farlo servire ai propri disegni.»Pietro Bernardelli
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