LAVIS. C’era una filastrocca che i nonni si tramandavano un tempo a Lavis e che faceva più o meno così: «Omeni e done su per el Pristol, tuti i coreva a rotta de col». Gli uomini e le donne correvano su per il Pristol, tutti a rotta di collo. Era il racconto rimasto scolpito di un’alluvione, quella del settembre del 1882.
Ai tempi funzionava così. In pochi avevano la voglia e la possibilità di mettere per iscritto le loro esperienze. Però i ricordi si tramandavano comunque. Diventavano storie che si raccontavano in cucina dopo la cena, davanti al focolare: allora non c’era la televisione. In tante famiglie i genitori inventavano racconti e i figli ascoltavano rapiti. Prima di andare a dormire, bonora ovviamente. Spesso quei racconti erano ispirati a fatti reali, vissuti in un’esistenza lunga e spesso difficile.
Ovviamente per l’alluvione del 1966 – la cui storia abbiamo iniziato a raccontarvi in una prima puntata – i ricordi sono molti di più. Anche perché sono stati tramandati diari, fotografie e articoli di giornale. La sensazione è la stessa del 1882: ci sono fatti che costruiscono la storia diffusa di un paese. Vi ricorda qualcosa? L’alluvione del 1882, quella del 1966, le due guerre mondiali… in un certo senso è quello che sta accadendo con la pandemia del 2020. Ognuno la sta vivendo a suo modo, ma verrà il giorno in cui la storia dei singoli diverrà parte di un racconto collettivo. Perché ogni storia può insegnare qualcosa.
«Ci siamo rifugiati a casa di nostro zio, verso mezzanotte i pompieri hanno chiamato mio padre. Gli hanno detto: “Ferruccio, se hai qualcosa da recuperare è ora di farlo, perché la casa sta per crollare”. Allora io gli ho detto: “Non andare a prendere niente”. Perché avevo paura, una paura matta. Mi sono detta: “magari va lì e ci rimane sotto”. Difatti la mattina dopo siamo tornati ed era crollata tutta l’altra casa e si era tirata giù una parte della nostra».
Ancora oggi, Obrelli ricorda quei giorni di immenso lavoro. Per riuscire a salvare i due anziani, i vigili del fuoco si tengono l’uno con l’altro. Formano una sorta di catena umana e con una accetta fanno a pezzi la porta, mettendo in salvo i due anziani. Qualche giorno più tardi, la pro loco premierà i vigili del fuoco con una medaglia d’oro, che ancora oggi si trova sui muri della caserma.
Ma il paese si salva. Piano piano, la pioggia smette di scendere. Le nuvole si diradano e torna anche il sereno. Quella che era una storia di vita diventa memoria collettiva, da tenere viva mentre il tempo inesorabile trascorre.
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