Edi Scola e l'antico orologio
LAVIS. Le botteghe-laboratori artigiani di una volta sono ormai inesorabilmente scomparsi e anche la borgata lavisana ha subito una trasformazione radicale e ormai pochi, anzi pochissimi, sono ormai coloro i quali hanno tramandato i segreti del loro lavoro da padre in figlio.
Quindi vecchi mestieri addio, in giro per la borgata ormai si notano da tempo i locali chiusi, le saracinesche consunte dal tempo e arrugginite, le vecchie insegne scolorite che hanno lasciato il posto ai ricordi del bel tempo che fu.
In nemmeno cent’anni Lavis ha cambiato completamente volto e le storiche botteghe artigiane, che fino all’ultimo dopoguerra si affacciavano su tutte le vie più o meno importanti, oggi sono pressoché scomparse inesorabilmente e quasi del tutto. Quelle rare rimaste ancora in attività, anche come tradizione famigliare, si possono contare sulle dita di una sola mano e quindi sono rimaste proprio rare sull’intero territorio.
Allora erano ben cinque le falegnamerie che servivano i lavisani ma anche i valligiani, che entravano in bottega nei momenti più importanti e significativi della loro vita. Quando cioè nasceva un figlio per ordinare una culla in legno, in occasione del matrimonio per commissionare i mobili di cucina e di camera, poi se si edificava e si ampliava la casa anche per porte, finestre e anche pavimenti vari. Dulcis in fundo poi, alla fine della vita di nonni, genitori e parenti di casa, si andava in falegnameria anche ad ordinare la bara per il funerale…
I nostri vecchi ricordavano ancora i famosi “volti” della borgata, dove si poteva trovare sempre un bravo artigiano per tutte le esigenze, il quale aveva alle dipendenze uno o più garzoni-apprendisti. Questi non solamente lavoravano “a gratis”, ma dovevano pagare al padrone-istruttore-maestro una lira al mese per tutto l’insegnamento che ricevevano in bottega…
I più vecchi (quanti ne sono rimasti nella odierna Lavis?), ricordano ancora i vari tessitori (tessadri), i Giovanazzi di piazza Loreto, poi i vari funai (costruttori di funi e corde per i carri e i buoi dei contadini) che erano originari della Val Camonica con il loro laboratorio in piazza Grazioli. C’erano poi i fabbri provetti che erano i de Manincor di piazza Loreto e il Cordin, quest’ultimo era conosciuto in paese anche con il simpatico nome di “ciopeta”!
Molti in quelli anni erano anche i “paroloti” (ramieri), conosciuti e stimati per la loro esperienza al limite dell’artistico erano i fratelli Giuliani di via Orti i cosiddetti “pinteri” (bottai) e anche gli “slotzeri” i provetti costruttori di ogni tipo di serratura a mano, tutte in ferro e in acciaio.
In questa officina si realizzavano anche serrature particolari, cucine economiche (fogolari) e anche lavori in ferro battuto, ringhiere “ricamate” e tanto altro. Sempre in via Matteotti altri artigiani scomparsi da qualche anno, i famosi “bandari” Carlo, Mario e Riccardo Mattedi, la loro bottega di lattonieri è chiusa ormai da tempo…
L’Edi, insieme all’amico Ezio Mattedi di San Lazzaro, anch’egli tecnico-meccanico, riuscì più volte a rimettere in marcia e a far funzionare l’antichissimo orologio a pesi (costruito da Pietro Zanon nel 1770) che si trovava sul campanile della chiesa arcipretale di Sant’Udalrico.
Ultimo falegname è rimasto Claudio Moscon, che prosegue ancora con il laboratorio del papà Antonio in via Clementi, insieme al fratello Dario suo collaboratore ma ora in pensione… Scomparsi del tutto i sarti, da Pietro Frizzo a Livio Dauritz, l’ultimo che aveva chiuso il suo laboratorio in via Matteotti di fronte al Muncipio. Così pure i mugnai (i molinari) che proprio qui a Lavis erano assai numerosi a partire dal 1800 e fino agli ultimi anni del 1970, l’ultimo a chiudere bottega è stato il Mulino del Paolo Dorigatti in via Damiano Chiesa.
Artigiani e vecchi mestieri quindi è stato un vero addio, soppiantati dalle tecnologie e dalle modernità dirompenti, restano i ricordi tra i lavisani doc di quando si faceva riparare tutto, proprio tutto, dalle abili mani degli artigiani provetti di quei tempi. Allora non c’era però la plastica, tutto si riutilizzava nel bene e nel male, non c’era nemmeno la moda della “festa del riuso”. Perché allora non serviva proprio a niente e non era stata ancora inventata dal consumismo… di oggi!
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