I bambini stanno meglio dove ci sono le aree verdi: lo dice la scienza

Vivere in zone piene di cemento aumenta il rischio di sintomi oculari e nasali. Un fatto di cui tenere conto anche per la programmazione urbanistica

TRENTO. Vivere in aree in cui c’è tanto cemento è dannoso per la salute respiratoria e oculare dei bambini. Stare dove c’è tanto verde invece è protettivo. Non è più solo una sensazione, comune a tanti genitori. Ora c’è la prova scientifica, grazie a una ricerca, tutta italiana, pubblicata sulla rivista Enviromental Health.

L’indagine ha coinvolto bambini in età scolare che vivono a pochi chilometri da Palermo. Lo studio ha tenuto conto di specifici indicatori per misurare la greenness – ovvero il “verde urbano” – e la greyness – a indicare la presenza di aree cementificate e biossido d’azoto.

«Sono stati coinvolti in tutto 244 scolari tra gli 8 e i 10 anni di due scuole elementari – spiega la ricercatrice Stefania La Grutta –. Hanno compilato un questionario per la valutazione dei sintomi respiratori, allergici e generali». I loro sintomi sono stati poi incrociati con i dati raccolti in merito all’esposizione al verde o al cemento.

I risultati

Attraverso un’analisi statistica avanzata, che ha tenuto conto di dove abitano gli scolari, si è scoperto che una bassa esposizione al verde si associa a un più alto rischio di sintomi nasali (naso chiuso, naso che cola e prurito).

I bambini che vivono in aree di tessuto urbano continuo, densamente cementificate, riportano più sintomi oculari e generali, come cefalea e stanchezza, rispetto a quelli che vivono in aree discontinue, meno cementificate.

Vivere a meno di 200 metri da una strada ad alto traffico determina un aumento di rischio dei sintomi oculari (bruciore, lacrimazione, sensazione di sabbia negli occhi) e nasali. Con elevate esposizioni a livelli di biossido di azoto, il rischio è un aumento di sintomi generali.

Programmare le città

«L’associazione tra greyness e salute dei bambini sottolinea la necessità di una pianificazione urbana sostenibile e a misura di bambino», spiega Giovanni Viegi, direttore dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare.

«L’associazione, poi, tra verde urbano e salute dei bambini sostiene la promozione e attuazione di soluzioni naturali come potenziale strategia di mitigazione per ridurre l’inquinamento atmosferico e i suoi effetti».

È lo stesso monito che ha fatto l’Organizzazione mondiale della sanità, durante la Prima conferenza mondiale su inquinamento atmosferico e salute a Ginevra. In quell’occasione – spiega ancora Viegi – ha fatto un appello «ai governi, al mondo sanitario e della ricerca per fare della lotta all’inquinamento atmosferico una priorità.

Il team dei ricercatori
Lo studio ha coinvolto un team multidisciplinare con ricercatori:

  • dell’Ecampap, l’Unità Di ricerca di epidemiologia clinica e ambientale delle malattie polmonari e allergiche pediatriche,
  • dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare Alberto Monroe del Consiglio nazionale delle ricerhe,
  • dell’Ingv, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia,
  • dell’Arpae, l’agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia, dell’Emilia Romagna
  • e del Dipartimento di epidemiologia del Lazio.

La ricerca rientra nel progetto “Giardini per allergici”, nato dalla collaborazione tra CNR, Comune di Palermo e l’organizzazione no profit Vivisano onlus.

Giornalista professionista, laureato in storia, ideatore e direttore de ilMulo.it. Lavora a Roma nella redazione del quotidiano Domani, di cui è caposervizio. Ha scritto per il Trentino, il Fatto Quotidiano e laStampa.it. È direttore dell'Associazione Culturale Lavisana. (Scrivi una mail)

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