Le storie

Il piccolo gioiello scampato alla frana

Zambana. La Valmanara in passato rappresentava un’importante via di comunicazione che collegava in maniera veloce la Valle dell’Adige con l’Altopiano della Paganella e la Val di Non. Questo impervio sentiero era anche l’unico che collegava Fai e Zambana, le due comunità appartenenti alla medesima giurisdizione e sotto il controllo della famiglia Spaur.

Forse furono proprio questi elementi che indussero gli abitanti di Zambana, nella prima metà del Cinquecento, a costruire su questo importante crocevia una chiesa dedicata ai santi Filippo e Giacomo. San Filippo infatti è il protettore contro i pericoli delle strade mentre San Giacomo è il protettore dei pastori.

La chiesa


La chiesa venne edificata nel 1539 sopra un’antica cappella, proprio all’imbocco della Valmanara, in quello che all’epoca era il centro del paese di Zambana Vecchia.

Finanziato in gran parte dai Conti Sapur, la nobile famiglia che aveva il contro della Giurisdizione di Beelforte e Fai-Zambiana, l’edificio presenta elementi gotici come l’alto campanile, il portale, l’abside con le lesene e le strette finestre, mentre la facciata è barocca, segno di una contaminazione di stili che stava avvenendo in quegli anni nelle vallate del Trentino.

L’interno è a tre navate, coperte dalle volte a crociera sorrette dalle colonne in pietra rossa. Uno degli elementi che subito saltano all’occhio è la grande lastra tombale dedicata a Giorgio Spaur, raffigurato con l’armatura mentre è inginocchiato a pregare. Sopra la pietra tombale c’è l’affresco con lo stemma della famiglia. Il nobile venne derubato e assassinato nel 1573 da alcuni briganti di strada proprio nei pressi dell’abitato di Zambana.

Gli arredi interni


La chiesa è molto spoglia in quanto nel corso degli anni le opere di pregio sono state rubate o portate altrove.

Oggi chi visita la chiesa può vedere alcuni altari lignei con le relative pale. L’utilizzo del legno per la realizzazione degli altari è dovuto non solo alla grande disponibilità di materia prima ma anche al costo minore rispetto alla pietra. Nonostante questo, nella realizzazione gli artisti hanno prestato molta attenzione ai dettagli delle decorazione per riprodurre l’effetto marmo.

L’altare di Santa Lucia. Nella pala si può riconoscere Santa Lucia (con la palma e gli occhi sul vassoio, simboli del suo martirio), Santa Caterina di Alessandria (con la ruota) e San luigi Gonzaga. La particolarità di questa pala è che Santa Caterina e San Luigi Gonzaga hanno lo stesso volto. Molto probabilmente l’autore, per risparmiare, ha usato lo stesso modello.

L’altare di Sant’Antonio abate. Nella pala sono raffigurarti Sant’Antonio, San Giacomo Maggiore e San Rocco. La precedente cappella, citata per la prima volta nel 1355, era dedicata proprio a San Giacomo.

Interessanti sono anche gli affreschi sopra la volta dell’abside. Sono raffigurazioni della vita di Gesù e di Maria tratte dai Vangeli. Si parte dall’Annunciazione fino ad arrivare all’Ascensione. Sul retro, coperti in parte dalla pala dell’altare, ci sono i quattro evangelisti rappresentati con i loro simboli.

La pala dell’altare principale è ovviamente dedicata ai due santi ai quali è dedicata della chiesa, Filippo e Giacomo.

La distruzione arrivata dalla Paganella


Le frane del 1955 e 1956 distrussero gran parte dell’abitato ma la chiesa fu uno dei pochi edifici che si salvarono. Venne invasa dal fango e subì pesanti danneggiamenti ma restò in piedi. Il paese venne sgomberato e la chiesa chiusa. Dopo una sistemazione sommaria, l’abitato rimase nella condizione di paese fantasma fino al 1991, quando vennero finanziati i lavori di costruzione del vallo protettivo e di consolidamento della parete rocciosa che sovrasta l’abitato. Da allora il vecchio paese di Zambana ha ricominciato a vivere e a ripopolarsi.

Anche l’antica chiesa è stata restaurata: i lavori sono terminati nel 2015. Oggi l’edifico sorge isolato dalle altre case, circondato da un prato verde alle pendici della Paganella. La chiesa viene aperta solo in occasioni particolari, nelle quali l’amministrazione del Comune di Terre D’Adige organizza anche visite guidate a questo piccolo gioiello scampato alle ingiurie del tempo.


Leggi anche – Il paese fantasma. Come la frana rischiò di far scomparire per sempre Zambana Vecchia


 

Daniele Donati

Nato a Trento nel 1972, laureato in Economia Politica all'Università degli studi di Trento. Impiegato commerciale è appassionato di economia e di storia. Attualmente è vicepresidente dell'Associazione Culturale Lavisana.

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