Poesie e racconti

“Mamma ritorno da te”. La storia della gavetta dimenticata a Lavis e del soldato che la possedeva

LAVIS. Questa è la storia di una gavetta: uno di quei recipienti che usavano i soldati ai tempi della guerra, per il rancio. Ma è anche la storia di una grande ricerca che supera i confini del tempo e che dal passato arriva fino ai giorni d’oggi. A raccontarcela – in esclusiva per ilMulo.it – è Bruno Michelon di Lavis.

Tutto inizia fra il 1944 e il 1945: «Non so bene la data – dice oggi Bruno –. La nonna la sapeva di certo, ma ormai non c’è più». È comunque una sera di guerra, nel cielo ululano gli aerei e Lavis è piena di soldati. Alcuni di loro sono solo di passaggio, altri si fermano nelle baracche costruite nelle varie zone del paese.

La gavetta dimenticata


Gli abitanti di Lavis sono spesso ridotti alla fame. Il parroco del paese, don Celestino Brigà, scrive nel suo diario che «i piccoli pallidi, magri, malvestiti, intrizziti dal freddo muovono a pietà». Ma la guerra è la stessa per tutti. E così succede che quando i soldati bussano alla porta, in cerca di un luogo dove passare la notte, le porte di Lavis si aprano. Senza tante storie.

«Così fu anche nella casa dei nonni – racconta Bruno –. Quella sera si presentarono tre soldati che chiesero ospitalità per passare la notte. Gli fu dato del cibo e, per riposare, un giaciglio nel fieno della stalla. La mattina dopo, quando la nonna scese in stalla per la munigitura, dei soldati non c’era più nessuna traccia». Era rimasta lì solo una gavetta – la gamela, come si dice in dialetto –, forse dimenticata.

Fra i ricordi in cantina


E così la gavetta fu abbandonata in cantina, insieme a tanti ricordi. Nel frattempo, la guerra era finita e il tempo aveva fatto il resto. «Dopo tanti anni, riemerse dall’oblio e accese la curiosità di zio Emilio. Volle capirne un po’ la storia, con l’obiettivo di poterla restituire al suo legittimo proprietario o ai suoi familiari».

Sul fondo della gavetta era inciso il nome del caporal maggiore  Vincenzo Pistocchi, classe 1916, mat. 45501 distretto di Cosenza, fante del XXXVI B.M.D. (Battaglione Mortai Divisionale) Forlì .

«Erano gli anni in cui non esisteva Internet, l’unico modo per provare a risalire alla persona era quello di andare al posto del telefono pubblico. Poi si doveva cercare un nome su uno dei tanti elenchi telefonici». Ma l’impresa non riuscì. «Dopo alcune telefonate, lo zio si arrese. E così la gavetta tornò in cantina».

La ricerca in internet


E così si arrivò al mese di maggio di quest’anno. «Durante una merenda nella stube dello zio Milio, è riemersa la curiosità di trovare il proprietario della gavetta – spiega Bruno –. Non senza difficoltà, sfogliando pagine e pagine di documenti in Internet, ho ritrovato il nome di Vincenzo Pistocchi».

Il suo nome era riportato tra i tanti morti della seconda guerra mondiale:

PISTOCCHI VINCENZO, NATO IL 20 GENNAIO 1916 A CERCHIARA DI CALABRIA (COSENZA) – DECEDUTO A ZGORZELEC/GÖRLITZ (VOIVODATO DELLA BASSA SLESIA) IL 25 GENNAIO 1945 – SEPOLTO A BIELENY/VARSAVIA (POLONIA) – CIMITERO MILITARE ITALIANO D’ONORE – POSIZIONE TOMBALE DA RICHIEDERE AL MINISTERO DELLA DIFESA.

Una nuova pista


Era il primo passo per ricostruire la storia. «Telefonai quindi all’Ufficio anagrafe di quel comune per avere informazioni. Una gentilissima signora mi promise avrebbe cercato negli archivi il nome del Pistocchi – dice Bruno –. Durante le ricerche in Internet, trovai anche una pagina relativa a un ufficio documentale di Catanzaro, che in teoria avrebbe potuto avere informazioni sul militare».

«Con tanta fiducia telefonai all’ufficio così che potei parlare con il tenente colonnello Montepaone. Spiegatagli la storia mi assicurò interessamento».

Morto per tubercolosi


Dopo un paio di settimane, ecco arrivare la risposta da parte dell’esercito:

Vincenzo Pistocchi nato a Cerchiara di Calabria (CS) il 20/01/1916 di Pietro e Cecilia. Fratelli: Giuseppe (classe 1919), Melina (classe 1921), Francesco (classe 1925), Maria (classe 1929). Vincenzo Pistocchi morì nel campo di concentramento di Gorlitz (Stalag VIII – A) per tubercolosi

La nipote ritrovata


«Durante il colloquio telefonico, l’ufficiale mi assicurò che avrebbe preso contatti con il sindaco del comune di Cerchiara di Calabria per cercare dei possibili parenti».

«Infatti, pochi giorni dopo, dal comune mi contattarono comunicandomi che dalle loro ricerche anagrafiche, il Pistocchi non era sposato, ma risultava abitante in zona una nipote, Teresina, figlia del fratello Francesco. Subito interpellata, la signora ha ascoltato con piacere e senz’altro con stupore, la storia della gamela. Ho promesso che quanto prima gli verrà inviata come ricordo dello zio».

Il mistero della gavetta


Non conoscendo la data, ci spiega Bruno, è difficile sapere con certezza chi abbia dimenticato la gavetta nella stalla. Forse lo stesso Pistocchi, ma è un’ipotesi remota, anche perché forse era già morto. Più probabile che qualche commilitone stesse rientrando a piedi dalla Germania, con l’intento di consegnarla ai familiari.

Oppure, più semplicemente, qualche soldato ne era entrato in possesso e la stava usando come contenitore per il cibo. Ma questo resterà per sempre un mistero.

Ritorno da te


Osservando attentamente la gavetta, si scopre che è quasi completamente ricoperta da incisioni, alcune anche eseguite con buona definizione.

Oltre a quella già citata sul fondo, appare una scritta che – dice Bruno – suscita forte emozione “Mamma ritorno da te, sperando in Dio”. Purtroppo questo non è avvenuto. Compaiono i nomi delle presumibili zone di impiego bellico: Albania, Grecia, Bulgaria, Jugoslavia, Ungheria, Austria, Germania, Sara, Slovacchia.

La fine della storia


«Si vede poi chiaramente un lungo treno merci (probabilmente il treno per le deportazioni nei lager dei prigionieri di guerra), un ponte di ferro sul fiume Danubio. Desta forte sgomento l’elenco dei campi di concentramento (Stalag) con data, dove il Pistocchi ritengo fosse transitato come prigioniero, catturato quasi sicuramente dopo il 9 settembre 1943».

• Trier 30/9/1943
• Mepen 12/10/1943 con il famigerato Stalag VI – C di Fullen
• Dateln 20/10/1943
• Schumberg 4/7/1944
• Lamsdorf Lazaret (Stalag VIII – B) 31/7/1944
• Goerlitz 5/9/1944, (Stalag VIII – A) dove poi è morto il 25/1/1945. Il 20/4/1945 i prigionieri furono liberati dagli alleati.

«Questa è la mia ricostruzione della storia della gavetta – conclude Bruno. Ora ritornerà nelle mani dei parenti del povero sodato, morto a 29 anni dopo grandi tribolazioni, per servire la Patria. Grazie a zio Milio per aver voluto questa conclusione».


Daniele Erler

Giornalista professionista, laureato in storia, ideatore e direttore de ilMulo.it. Lavora a Roma nella redazione del quotidiano Domani, di cui è caposervizio. Ha scritto per il Trentino, il Fatto Quotidiano e laStampa.it. È direttore dell'Associazione Culturale Lavisana. (Scrivi una mail)

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